(terza parte. per leggere le prime due puntate clicca qui e qui)
36° 32’ 21’’ nord, 14° 37’ 32’’ est, a una ventina di chilometri al largo della sicilia, a una cinquantina di chilometri da malta, che nelle giornate di vento teso si vede distintamente che pare di toccarla con mano.
l’elicottero i-meso fa un giro attorno a vega-a alla ricerca della posizione migliore per avere il vento in faccia e scende sul piattello verde dell’eliporto.
un quarto d’ora fa, gli altoparlanti della piattaforma hanno chiamato in ogni stanza, in ogni officina, in ogni piazzale, in ogni ufficio della piattaforma la squadra elicottero: i tre addetti hanno lasciato il loro lavoro ordinario, qualunque esso fosse, per distaccarsi all’eliporto.
sono saliti e in due hanno indossato le tute antifiamma e si sono messi di lato al disco d’atterraggio, dove c’è il cannone sparaschiuma. il terzo, ha indossato le cuffie dell’interfono per parlare con l’equipaggio di i-meso.
in questa foto, scattata dall'elicottero in atterraggio, si vedono sporgere dal bordo del piattello eliporto i due addetti coperti dalla tuta antifiamma con il cannone schiumogeno.
il capoimpianto è salvatore torneo. è salito su vega a metà anni ’80, lavorando alla costruzione, e conosce la piattaforma in ogni dettaglio. prima come turnista in sala controllo, poi caposquadra, poi responsabile della sicurezza e poi capo della piattaforma. da ventiquattro anni, passa metà della sua vita su vega, quattordici giorni a bordo e quattordici giorni a casa, come gli altri. da ventiquattro: ha passato dodici anni appollaiato su questo trespolo in mezzo al mare. conosce il petrolio che estrae come se fosse condimento per l’insalata.
la piattaforma era stata costruita insieme dalla canadian northwest, dall’eni e dalla selm, la società energetica della montedison da cui, con la crisi post-gardini, è rinata l’edison di oggi. poi la northwest si è ritirata e le sue quote sono state rilevate dall’edison, passata al 60%, e dall’eni al 40%.
operatore è l’edison: operatore in gergo petrolifero significa gestore. il socio condivide pro quota gli investimenti e le spese, e ricava gli utili, ma l’operatore gestisce e comanda.
qui il fondale è alto circa 125 metri. la piattaforma è posata sul fondo con otto zampe d’acciaio verniciato di giallo. tra le gambe passano cernie grandi così e delfini giocosi; l’acqua è trasparente ma di colore blu notte perché il canale di sicilia è il centro del mediterraneo. le onde sono forti anche quando il mare è liscio e dànno alla piattaforma na vibrazione continua.
è vietato pescare: in via ufficiale. ma alcuni si portano le canne da pesca e nelle ore di libertà (i turni di lavoro sono di dodici ore. dodici in servizio, dodici in libertà) scendono per le scalette di griglia d’acciaio fino alle passatoie vicine all’acqua e cercano di tirare su certe bestie che poi sono festeggiate a mensa.
sotto alla piattaforma, tra le otto gambe di vega, passa il fascio di tubi del petrolio.
sono 20 pozzi attivi. scendono in acqua in fascio, i tubi, ma poi, dopo i 125 metri d’acqua pulita ed entrati nella roccia del fondale, i pozzi si irraggiano in tutto il giacimento per succhiare il greggio che si trova in media a 2.500 metri di profondità nel sottosuolo.
il giacimento non è una caverna.
è roccia piena.
pare granito grigio, ma è impregnato (bagnato) di un liquidaccio oleoso e nero. questo olio è caldo, tra i 50 e i 60 gradi, e viene spinto verso l’alto dalle acque salate sotterranee, giacimenti di acqua salsa, residui degli oceani antichi.
all’inizio, negli anni 80 e 90, da vega uscivano 40mila barili al giorno, poi la pressione si è abbassata e ormai da anni i venti pozzi estraggono 3.600 barili al giorno.
il giacimento può continuare a erogare con un andamento costante ancora per una decina d’anni, se non si fanno interventi per migliorare l’estrazione (la “produzione”).
se si interviene, invece, “vega può durare una ventina d’anni e più, chissà”, dice sten strömberg (pronuncia: stròmberi), 46 anni, capo dell’estrazione di gas e petrolio dell’edison in sicilia, ingegnere minerario svedese di lulea, una città della lapponia così a nord che – ricordo quando fui a lulea – d’estate c’è sole anche di notte e d’inverno albeggia attorno a mezzogiorno per dare un paio d’ore di chiarore a est.
(segue)