ripubblico oggi 28 giugno 2014 questo articolo che scrissi tre anni fa e cent’anni fa.
gli storici dicono che il ‘900 e’ il “secolo breve”.
perché il ’900, dal punto di vista storico, culturale, politico, economico e sociale, non è cominciato quando il calendario è passato al 1° gennaio. i primi quattordici anni del secolo fanno parte, storicamente, dello strascico della belle époque ottocentesca del carbone e dell’acciaio.
il nuovo secolo – dicono gli storici – è cominciato con la prima guerra mondiale. dalle cui ceneri sono nati rivoluzione russa, fascismo e nazismo. la seconda guerra mondiale. l’industrializzazione di massa.
e così dal punto di vista storico il ’900 non è finito il 31 dicembre del 2000 (o del 2001, secondo le diverse scuole astronomiche) bensì è finito qualche anno in anticipo, con gli ultimi effetti della fine del comunismo russo: l’assedio di sarajevo del ’94-’95 segna l’ingresso nel 2000 e nell’era del silicio.
la settimana passata ero a sarajevo, o sàraevo, o seraievo. capitale della bosnia. era il 28 giugno.
il 28 giugno è un giorno di commemorazione per i serbi perché per loro è – dal punto di vista religioso – il 15 giugno, cioè il giorno di san vito.
è celebrazione nazionale, per i serbi, e non per i bosniaci, che sono a maggioranza musulmani.
nel giorno di san vito, vidov dan, nel 1389 sulla piana dei merli che sta poco lontano da priština, la coalizione dei serbi affrontò gli ottomani nell’epica battaglia del cossovo e, con un tranello, un eroe serbo uccise il sultano ottomano murad.
(vinsero entrambi gli eserciti o, meglio, furono sconfitti entrambi).
i cristiani ortodossi celebrano il 15 giugno nel giorno 28 giugno perché per la liturgia hanno conservato il calendario di giulio cesare (calendario giuliano) mentre noi a metà ’500 con papa gregorio abbiamo corretto gli errori astronomici introducendo il calendario gregoriano, più aderente al ciclo del sole.
prima delle 11 del 28 giugno, la settimana scorsa, giorno di san vito e dell’attentato che uccise il sultano occupante, ero sul lungofiume di sarajevo, sul marciapiede che costeggia la miliazka, il torrente basso e brutto che costeggia il centro della città.
il lungofiume s’incrocia ad angolo retto con il latinski most, il ponte latino, piuttosto stretto e poco più che ciclabile, che entra nel centro città con il nome di via zelene beretki, o zelenih beretki, cioè via berretti verdi, intitolata agli indipendentisti bosniaci degli anni ’90.
sull’angolo tra il lungofiume e il ponte c’è una panchina di pietra.
mi sono seduto sulla panchina a guardare lo svolgersi degli eventi.
è il 28 giugno.
sono circa le 10.
anno 2011, all’angolo tra il lungofiume e via berretti verdi c’è il muzej.
ecco l’edificio del muzej: vedi a destra, il lungofiume e a sinistra via berretti verdi che entra nel centro storico.
anno 1914. il lungofiume si chiama appel quai e ha il ritmo di alberelli ancora piccoli piantati giù dal bordo del marciapiede, via berretti verdi si chiama via francesco giuseppe, uliza franio iosif. qui vedi il latinski most, il lungofiume appel, via francesco giuseppe. al posto del muzej c’è la pasticceria moritz-schiller, famosa per le delikatessen. ecco la pasticceria: se stai in piedi sul ponte la vedi così.
c’è folla indiavolata.
bandiere ai balconi.
in mezzo alla folla c’è gavrilo prinzip, indipendentista serbo. accarezza la pistola che pesa sul fondo del tascapane a strisce di mille colori.
sta arrivando il corteo di automobili l’arciduca francesco ferdinando con la moglie sofia, incinta.
è l’erede al trono dell’impero.
il “sultano” occupante austriaco è in visita ufficiale. deve inaugurare il museo nazionale di sarajevo.
anno 2011. sta salendo il lungofiume il tram della linea 3 diretto a basciarscia, il quartiere ottomano.
ecco il lungofiume e l’incrocio con via berretti verdi.
il tram sferraglia alla curva laggiù in fondo, la spalletta sul lungomiliazka riverbera lo stridore delle ruote sul binario.
anno 1914. vedo il corteo di macchine mentre sale il lungofiume appel venendo dal campo militare di filipovic e diretto verso il municipio.
nella prima macchina ci sono l’ispettore capo di sarajevo e tre agenti di polizia. nella seconda, il sindaco fehim efendi ciurcic e il commissario di polizia edmund gerde.
la terza auto è la gräf & stift “bois de boulogne”, una double phaeton del 1911 guidata dall’autista del conte francesco von harrach, che ha messo la sua vettura a disposizione: ci sono francesco ferdinando, sua moglie sofia, il governatore generale di bosnia oskar potiorek, la guardia del corpo di francesco ferdinando, von harrach davanti a fianco del suo chaffeur. seguono altre quattro auto.
prima dell’incrocio mehmed mehmedbašic, uno dei sette, prende la mira da una finestra ma rinuncia: troppa gente.
all’incrocio con il ponte cumuria, in mezzo alla gente che applaude, il tipografo nedeljko ciabrinovic si stacca dal parapetto del lungofiume e lancia una bomba, un candelotto di dinamite, verso l’auto di francesco ferdinando.
von harrach sente il candelotto cadere contro un parafango della sua auto e pensa di avere forato e dice al suo autista: “bravo. e ora dobbiamo fermarci”.
lo chaffeur, che ha intravisto un coso nero volargli addosso e battere contro il parafango, invece accelera.
il cilindrotto rimbalza verso sofia, seduta a destra cioè dal lato del fiume, e francesco ferdinando con un colpo del braccio fa volare indietro l’oggetto, che rimbalza sul soffietto della cappotta ripiegata di tela e cade a terra, dove scoppia ferendo una dozzina di persone.
da quassù, dall’incrocio con il ponte latino e con via francesco giuseppe, non si capisce molto.
si vede giù, alla curva del lungofiume, muoversi della folla, il fumo di un’esplosione.
poi arriva il crac secco dello scoppio e le si sentono le grida.
un uomo vestito di scuro (è ciabrinovic) scavalca il parapetto e si butta sul greto della miliazka, è inseguito e preso.
il corteo di auto si scompagina per un istante, ma poi accelera la salita sul lungofiume verso il municipio.
gli altri regicìdi non capiscono se l’attentato è riuscito oppure no. qualcuno si allontana.
gavrilo prinzip ha fame, attraversa il lungofiume appel ed entra da moritz-schiller.
2011, ora 10,50 all’angolo di via berretti verdi si assiepa un gruppo di giapponesi, una quindicina.
qualcuno ha naso e bocca protetti da una mascherina antibatterica. scattano fotografie, come da luogo comune sui turisti giapponesi.
1914, ora 10,50 ancora all’angolo tra il lungofiume e via francesco giuseppe.
da qui non si vede più il corteo, che è arrivato fino al municipio. molta gente è scesa per curiosare nel luogo della bomba, altri se ne sono andati. altri ancora aspettano che il corteo scenda dal municipio perché vogliono rivedere l’arciduca.
guardando attraverso le vetrine si vede che gavrilo prinzip è ancora dentro a morizt-schiller e sta mangiando un panino con un bicchiere di birra.
in municipio l’arciduca è incazzatissimo con il sindaco, urla è questa l’accoglienza?
francesco ferdinando decide di cambiare il programma. non si va verso l’appuntamento successivo ma si va in ospedale a fare visita ai feriti della bomba, tra i quali l’ufficiale che comanda tutta l’organizzazione della visita.
quindi, decide l’arciduca, il corteo a metà del lungofiume non dovrà girare a destra per via francesco giuseppe, bensì all’altezza del ponte latino e della pasticceria moritz-schiller tirerà dritto lungo la miliazka per andare all’ospedale.
ma l’ufficiale che coordina l’organizzazione della visita arciducale non c’è, è in ospedale con una larga ferita alla nuca, e quindi c’è un po’ di scollamento tra gli ordini sul percorso da fare, cioè girare a destra in via francesco giuseppe come da programma iniziale oppure tirare dritti sul lungofiume verso l’ospedale, come ha ordinato l’arciduca.
finisce la cerimonia in municipio. francesco ferdinando e sofia all’uscita dal municipio salgono in macchina. eccoli.
qui vedi l’arciduca (e, dietro, sofia) mentre si sporge dall’auto per salutare il sindaco ciurcic.
seduto sulla spalletta del ponte latino guardo il lungofiume verso la fortezza.
si vedono le macchine scendere sul lungofiume.
qui vedi l’immagine inquadrata mentre stai in piedi davanti all’angolo di moritz-schiller e vedi l’auto con il granduca mentre scende verso di te all’incrocio con il ponte latino e via francesco giuseppe.
il corteo sbaglia strada e segue il programma originario: all’angolo con la pasticceria moritz-schiller, la prima macchina gira a destra in via francesco giuseppe, poi la seconda auto, poi la terza con l’arciduca.
qui la storia ha svoltato.
in senso non metaforico.
ha svoltato a destra.
halten! l’autista della prima auto viene corretto: no, dovevamo andare dritti sul lungofiume, fai marcia indietro.
si ferma, ingrana la retro.
la seconda auto frena, si ferma, e ingrana la retro.
la terza macchina svolta a destra, entra in via francesco giuseppe, e vede le altre due macchine in manovra. l’autista frena e si ferma.
gavrilo prinzip da dentro la pasticceria nota attraverso la vetrina il movimento delle macchine, fa due passi e apre la porta.
davanti a lui, la macchina dell’arciduca sta facendo manovra.
mette la mano nel tascapane a strisce colorate.
afferra la pistola, una semiautomatica belga 7,65.
questa qui.
il sangue batte nelle tempie.
la pistola.
il cuore a mille.
la pistola.
spara.
la palla passa la carrozzeria dell’automobile, trafora il divanetto foderato di pelle e devasta gli organi interni dell’addome di sofia.
prinzip deve colpire l’arciduca alla testa, perché è difeso da un corpetto antiproiettile.
spara.
la seconda palla prende l’arciduca al collo.
ecco la macchina. vedi bene sopra il parafango della ruota posteriore, subito sotto il bordo superiore della fiancata, il tondo della vernice scrostata e il buco del proiettile.
la folla salta addosso a prinzip, lui si divincola, scappa per la via, cerca di spararsi ma è bloccato: qui vedi mentre viene arrestato.
qui, ecco la polizia bosniaca mentre trascina gavrilo prinzip verso la prigione
la macchina dell’arciduca esce da via francesco giuseppe, attraversa il lungofiume e sale sul ponte latino verso l’ospedale.
mentre percorre ponte latino, sofia vede il sangue uscire dalla bocca del marito e grida per l’amordiddìo che t’è accaduto poi scivola giù dal sedile.
chinandosi dal divanetto di fronte, potoirek e harrach pensano che sofia sia svenuta e cercano di aiutarla ad alzarsi.
francesco ferdinando invece capisce che sofia ha un’emorragia interna all’addome e grida sopherl sopherl sterbe nicht bleibe am leben für unsere kinder.
sofi, sofi, non morire, vivi per i nostri bambini.
un mese dopo, l’impero austroungarico dava l’ultimatum alla serbia.
e poi la guerra.
via franio iosif, franz josef, francesco giuseppe angolo appel quai. da qui, nove milioni di morti in trincea. cinque milioni di morti tra i civili. qui è cominciata con due pistolate l’inutile strage.
2011. l’angolo tra la via, e il lungofiume oggi. l’arciduca è stato pistolato più o meno sotto la “m” della scritta muzej.
l’ultimo dei sette cospiratori regicìdi, vaso ciubrilovic, teorico della pulizia etnica contro gli albanesi e, negli anni ’40-’50, contro la dalmazia italiana, amico personale di tito, morì nel 1990 tra gli onori di una cattedra universitaria.
alzo gli occhi.
oggi è via zelenih beretki, via berretti verdi.
guardo in alto, e sui muri delle case – le stesse che c’erano nelle foto del 1914 – ci sono centinaia di buchi.
sopra gli uffici della triglav, il palazzetto antico è sforacchiato.
nell’assedio del ’94 e ’95 i cecchini tiravano contro le finestre.
qui, a questo incrocio sul lungofiume, proprio qui con le due pistolate del serbo gavrilo prinzip, è cominciato il secolo breve.
qui, in questo incrocio trapassato dalle mitragliate dei cecchini serbi contro i bosniaci, proprio qui è finito il secolo breve.
questo, ho visto il 28 giugno 2011, o il 28 giugno 1914, seduto all’incrocio. il cielo è grigio e due bambini giocano nel mercato ottomano di sarajevo.
o anche sàraevo.
oppure seraievo, in italiano.
(gli intenditori si accorgeranno delle licenze formali, come miliazka al posto di miljacka, prinzip al posto di princip e altre corbellerie)
(vedo che alcune foto non si aprono. nei prossimi giorni cercherò link fotografici funzionanti)