la cassazione oggi ha depositato la motivazione della sentenza con cui il 19 novembre scorso aveva annullato il processo eternit.
in 86 pagine (146 pagine contando gli allegati, formati da elenchi interminabili di parti civili e cioè vittime dell’amianto) la cassazione dice che il processo era sbagliato fin dall’inizio.
cioè dice (ovviamente la cassazione non usa queste mie parole assai corrive) che fin dall’inizio del processo nel 2009 il procuratore di torino raffaele guariniello aveva sbagliato a impostare i capi d’accusa.
e che l’errore iniziale del magistrato ha fatto dissipare il processo, ha consentito al miliardario svizzero stephan schmidheiny di stare libero e felice in svizzera, ha consentito di evitare il risarcimento alle vittime.
l’errore giudiziario, il dito e la luna
in questi anni attorno a questo tipo di processi sono state costruite grandi operazioni d’immagine e di consenso.
i commenti alla sentenza di oggi sono ripetitivi e indicano un obiettivo sbagliato: chiedono di allungare la prescrizione dei reati, chiedono una nuova legge sugli ecoreati più severa, e così via.
richieste condivisibili, ma sono il dito, non la luna.
anche con prescrizioni più lunghe, anche con sanzioni più severe, se il processo viene concepito in modo sbagliato finirà in modo sbagliato.
è ritenuto politically incorrect far notare che queste sconfitte della giustizia sono effetto degli errori dei magistrati.
ma è la verità.
il processo eternit viene dissipato per responsabilità del magistrato che l’ha costruito.
così anche felice casson è il vero sconfitto del processo marghera.
e così probabilmente finiranno male per la giustizia e l’ambiente (e positivamente per gli imputati) i processi ilva taranto e tirreno power savona.
il desiderio di punire – quel senso di vendetta e rivalsa che alle vittime degli inquinamenti affianca intellettuali politici e persone comuni – spesso fa commettere errori marchiani di prospettiva che danneggiano soprattutto le vittime degli inquinamenti.
clicca qui per leggere la sentenza integrale della cassazione sull’eternit
la prescrizione come strumento per l’inefficienza
una nota aggiuntiva sulla prescrizione.
la prescrizione è il tempo oltre il quale un reato non può più essere sanzionato. è un atto di civiltà. giustamente, quando un fatto è dimenticato non ha senso perseguire una persona per l’eternità.
la durata della prescrizione varia secondo la durata della condanna prevista per quel reato.
nel caso di disastro volontario (cioè l’ipotesi che i padroni dell’eternit avessero voluto commettere deliberatamente un disastro), che è l’imputazione principale del caso eternit, la pena prevista di 12 anni prevede una prescrizione di 15 anni.
la prescrizione è stata usata in italia soprattutto come strumento per risolvere, a spese delle persone accusate, le inefficienze della giustizia.
quando la giustizia è troppo lenta, per impedire che i processi finiscano dissipati non viene migliorata la macchina dei processi: viene allungata la prescrizione.
e viceversa, per sfuggire alle maglie della giustizia molti imputati cercano, con mille sotterfugi, di allungare i tempi dei processi per far scadere i termini e far decadere il processo. memorabile fu l’abbreviare i tempi della prescrizione voluto dall’allora presidente del consiglio silvio berlusconi.
è consuetudine che a ogni allungamento della prescrizione la macchina della giustizia si impigrisca ancor di più e si allunghino anche i tempi dei processi.
dunque, secondo la cassazione il processo torinese per le morti da amianto era prescritto prima ancora del rinvio a giudizio, avvenuto nel 2009.
una storia di polvere e di morte
la storia, per tappe cronologiche.
il cemento non regge se colato in fogli sottili. si spezza. serve qualcosa che faccia da *armatura*, come la rete metallica annegata nel cemento armato.
ai primi del ‘900 un inventore austriaco scoprì che, se miscelato con l’amianto, il cemento poteva essere lavorato in tubi, lastre, ondulati e altri manufatti sottili perché le fibre di amianto facevano da legante.
ciò consentì di ottenere tubi di acquedotto, tetti per edifici, scarichi, comignoli, cisterne dell’acqua e altri manufatti a costi assai competitivi.
l’inventore cedette in licenza il brevetto eternit, e nacquero in diversi paesi varie società con questo nome.
in italia la società eternit fu fondata da un gruppo di imprenditori genovesi, che aprirono lo stabilimento a casale monferrato.
il video terrificante di casale
si sapeva che l’amianto produce asbestosi in chi lo lavosa senza protezione dalla polvere (l’asbestosi è una serissima malattia polmonare simile alla silicosi dei minatori) ma non che fosse anche cancerogeno.
all’eternit di casale l’amianto si lavorava in questo modo: guarda questo terrificante video degli anni ’20.
nel dopoguerra l’eternit italiana entrò in crisi e fu acquistata dall’eternit belga.
nel frattempo lo stabilimento di casale lavorava l’amianto in aria libera. polvere d’amianto dappertutto, in tutti i capannoni, nella mensa, sulle strade, perfino nel centro della città.
come nei decenni precedenti, i treni carichi di amianto scaricavano nella stazione di casale i sacchi dai quali si levavano nuvole di fibre d’amianto che si posavano su tutta la città.
i camion pieni di polveri di amianto attraversavano le vie del centro, sollevando nuvole.
gli operai dell’eternit con la tuta impolverata d’amianto andavano a comprare il pane dal fornaio, spargendo fibre invisibili sugli alimenti destinati alla vendita e sui panettieri. (nel processo torinese, la testimonianza terribile di un superstite della famiglia di panettieri sterminata dall’amianto).
portavano a casa le tute, e le mogli le battevano con il battipanni, sollevando nuvole di veleno.
situazioni simili nei vecchi stabilimenti di bagnoli (napoli) e cavagnolo (torino).
meglio nello stabilimento di rubiera (reggio emilia), più moderno.
nel 1976 l’eternit svizzera della ricchissima famiglia schmidheiny (si legge sc-mitàini) acquistò l’eternit italiana dai belgi.
i due giovani schmidheiny che avevano ereditato l’azienda dal padre e dal nonno si divisero le attività: un fratello prese tutto il settore del cemento, e l’allora giovane stephan rilevò il ramo dell’amiantocemento e con esso l’eternit italiana.
fu tentato qualche strumento per ridurre la polvere fra gli operai: per esempio furono distribuite mascherine di dubbia efficacia a chi lavorava con l’amianto, e spesso erano gli operai stessi a essere disturbati da questi semplici (e inutili) strumenti di prevenzione del rischio, e preferivano lavorare a naso scoperto.
ma si temeva l’asbestosi, non il cancro.
sempre nei primi anni ’70 cominciò a diffondersi il sospetto forte che l’amianto fosse cancerogeno (e lo è).
l’europa riconobbe la pericolosità cancerogena dell’amianto nei primi anni ’80.
ormai accertata la pericolosità dell’amianto, il mercato dell’eternit crollò.
nel giugno 1986 l’eternit italiana fallì e gli stabilimenti chiusero.
nel ’93 l’italia, con forte ritardo, mise al bando questo minerale.
nel 2009 è stata fatta la richiesta di rinvio a giudizio da parte della procura di torino.
schmidheiny fu condannato a 16 anni.
nel giugno 2013 la sentenza d’appello (713 pagine) ha inasprito la pensa, 18 anni.
nel novembre scorso la cassazione ha prescritto il processo. oggi il deposito della sentenza.
che cos’è l’amianto e come uccide
l’amianto è un minerale di silicio molto stabile e inerte. non brucia, non si combina in composti chimici.
si tratta di catene di molecole di silicio che prendono la forma di fibre, simile a una matassa lanosa di capelli. con la particolarità che si dividono come capelli con le doppie punte. le catene si separano in fibre più sottili. e a loro volta, si dividono in fibre ancora più sottili. e a loro volta si dividono in fibre più sottili.
e sono fibre fragilissime come il vetro.
si spezzano e, invisibili, fluttuano nell’aria.
respirate, entrano nei polmoni, covano decenni e possono sviluppare un terribile cancro, il mesotelioma pleurico, tumore che viene solo dall’amianto. uccide in breve tempo fra tormenti terribili senza alcuna speranza di guarigione.
non tutti coloro che hanno respirato amianto contraggono questo cancro inguaribile e terrificante. solo alcuni.
come quel giovane casalese, atletico e attivo, che amava correre per tenersi in allenamento; passava spesso con la falcata leggera e veloce nel boschetto dietro l’eternit ormai chiusa e abbandonata. è morto ancora ragazzo, dopo i tormenti osceni del mesotelioma pleurico.
la cassazione spiega gli errori della procura
ad avviso della cassazione l’imputazione di disastro a carico dell’imprenditore svizzero schmidheiny non era la più adatta da applicare per il rinvio a giudizio dal momento che la condanna massima sarebbe troppo bassa, per chi miete morti e malati, perché punita con 12 anni di reclusione.
“insostenibile dal punto di vista sistematico, oltre che contrario al buon senso”.
per la cassazione “la consumazione del reato di disastro non può considerarsi protratta oltre il momento in cui ebbero fine le immissioni delle polveri” d’amianto “prodotte dagli stabilimenti” e cioè “non oltre il mese di giugno dell’anno 1986, in cui venne dichiarato il fallimento delle società del gruppo”.
“il tribunale ha confuso la permanenza del reato con la permanenza degli effetti del reato, la corte di appello ha inopinatamente aggiunto all’evento costitutivo del distastro eventi rispetto a esso estranei e ulteriori, quali quelli delle malattie e delle morti, costituitivi semmai di differenti delitti di lesioni e di omicidio”.
che pena, che dolore per le centinaia di morti.
per l’ingiustizia di cui queste persone sono state vittima.
vittime dell’amianto, e vittime di nuovo per gli errori della giustizia vendicativa.
clicca qui per leggere la sentenza integrale della cassazione sull’eternit