il maltempo e le alluvioni di questi giorni hanno colpito, tra le varie zone, soprattutto il vèneto.
è la cronaca di una sconfitta.
strano: il vèneto ha una regolazione delle acque con mille anni di storia di ingegneria idraulica.
furono i veneziani a spostare dal medioevo in poi a più riprese la foce del piave e del brenta, che uscivano in laguna;
furono i veneziani a creare il delta del po come lo vediamo oggi, quando ai primi del seicento fecero il taglio di po spostando la bocca maestra verso mezzogiorno e verso ferrara.
l'istituzione del magistrato alle acque ha mezzo millennio di storia: fu creato nel 1501 dal serenissimo principe e funziona ancora oggi (dipende dal ministero delle infrastrutture).
tutti i corsi d'acqua del vèneto hanno percorsi studiati dagli ingegneri idraulici di una volta, quelli che facevano le cose per farle funzionare e non per prèndere gli appalti.
ancora oggi i fiumi vèneti si scavalcano, si toccano, si dividono, usando le antiche "botti" e le "conche" costruite in modo perfetto nei secoli passati.
perché oggi il vèneto straripa? perché vicenza e pordenone (che amministrativamente fa parte del friùli) vanno sott'acqua?
"straripa perché il territorio è stato devastato. perché da decenni si progettano lavori di manutenzione e di adeguamento ma non è stato fatto niente, risponde antonio rusconi, ingegnere idraulico erede della tradizione serenissima.
rusconi è stato a capo dell'idrografico più delicato d'italia, l'idrografico e mareografico di venezia, e per un tempo breve è stato anche a capo del servizio idrografico e mareografico nazionale a roma. insegna allo iuav, l'università di architettura di venezia.
è stato segretario generale dell'autorità di bacino dei fiumi vèneti.
sa tutto di maree e acque alte, di corsi d'acqua e di allagamenti.
il problema è la capannonizzazione del vèneto.
il vèneto centrale è stato ricoperto da capannoni industriali, da villette-da-geometri-con-il-pàtio-e-la-forsizia-d'ordinanza, da strade e asfalti che di notte si pòpolano di nigeriane e albanesi disperate.
la pioggia, su questo vèneto, non è quella della serenissima, che impregnava con gradualità i terreni: oggi corre via ràpida sui bordi delle strade e dei piazzali portando con sé frammenti di vetro bulloni preservativi involucri di biscotti.
l'acqua corre e gonfia gli àrgini che non vengono puliti. si scontra con i ponti delle nuove strade a scorrimento veloce "perché la viabilità".
"lo sapevamo. conosciamo da diverso tempo lo stato generale di rischio idrogeologico in cui si trova il nostro paese, in ogni periodo dell’anno, in ogni angolo del nostro territorio", dice rusconi. "abbiamo anche imparato che soprattutto a novembre con sistematicità si ripetono nel paese – e in toscana e nel nord-est in particolare – gravissimi eventi alluvionali che mettono in ginocchio intere province con conseguenze drammatiche, in termini di vite umane e di danni alle infrastrutture, ai centri abitati, alle attività economiche. le responsabilità sono molte, ma tutte certamente solo nostre, di noi tutti, non imputabili né al padreterno, né al clima; non sono solo recenti, non vanno additate a questo o a quel colore politico. si possono individuare tre categorie di cause del disseto idrogeologico. la prima è il disordine istituzionale".
la seconda causa degli allagamenti è che manca la pianificazione e la programmazione su che cosa fare. la terza è la conseguente incertezza nel "governo del territorio" con il conseguente aumento del rischio idrogeologico.
parola di rusconi. "il disordine istituzionale deriva dal fatto che la materia è regolata da una legge, il codice dell’ambiente n. 152 del 2006, che in tema di difesa del suolo risulta inapplicata da quasi cinque anni, e che quindi non consente di dare avvio a una politica aggiornata di riassetto idrogeologico e di governo delle acque".
non sono mai stati istituiti i distretti idrografici che erano previsti.
le vecchie autorità di bacino funzionano a singhiozzo.
alcuni bacini idrografici regionali italiani non hanno nemmeno l’autorità di bacino.
numerose realtà complesse e complicate sono governate, in un stato emergenziale perenne, da un commissario governativo nominato dalla protezione civile (è il caso ad esempio della laguna di marano-grado e di una parte del bacino scolante della laguna veneta).
l’attuale governo aveva dato avvio ad una riforma della ricordata legge, ma a tutt’oggi non è stato ancora emanato alcun provvedimento di riforma.
"la seconda causa deriva dalla prima. e’ incredibile, ma va ricordato che, a vent’anni dalla legge 183 del 1989 sulla difesa del suolo, non è stato completato alcun piano di bacino", protesta rusconi. "qua e là sono stati approvati solamente alcuni piani stralcio, con l’indicazione degli interventi strutturali e non strutturali per la mitigazione del rischio idrogeologico".
per quanto riguarda in particolare i bacini idrografici del nord-est, i cosiddetti “pai” (piani stralcio di bacino per l’assetto idrogeologico), a dieci anni dal loro avvio, non sono mai stati conclusi.
esistono solamente dei progetti di piano, non condivisi dalle comunità locali.
le regioni del nord-est, tranne il caso isolato del livenza, non hanno ancora convocato le “conferenze programmatiche”, previste dalla legge per la definizione del grado di rischio delle aree dichiarate a pericolo idrogeologico, con vaste zone dove non è stata nemmeno avviata la redazione dei pai, previsti dalla legge fin dal 1998. la terza causa, cioè l’incertezza nel governo del territorio con il conseguente aumento del rischio idrogeologico, rappresenta la drammatica conseguenza in termini operativi ed è evidente per tutti.
in assenza di un assesso istituzionale definito e finché mancano i piani di bacino, ogni amministrazione governa come può, "o… come vuole", aggiunge rusconi, "più o meno bene, navigando a vista, e perfino ogni cittadino
si arrangia, anch’egli come può".
gli uffici tecnici della pubblica amministrazione sono in continuo affanno, cercando di tamponare le falle, con gli strumenti normativi che esistono già, vecchi e nuovi, spesso contradditori, e con finanziamenti a disposizione per la difesa del suolo sempre più esigui.
il governo deve ricorrere in modo sistematico agli interventi di emergenza della protezione civile, mentre la manutenzione ordinaria delle reti idrauliche e delle opere di regolazione manca o (se va bene) è insufficiente.
nei bacini idrografici interregionali manca qualsiasi indicazione sulla scelta e sulla fattibilità degli interventi strutturali definitivi per mitigare il rischio, intervensi su cui si discute da decenni. manca una definizione chiara degli interventi non strutturali (regole, controlli, monitoraggi) per regolamentare l’uso del territorio, per frenare la pressione antropica sulle reti di drenaggio, per liberare le fasce di pertinenza delle vie d’acqua da ogni insediamento, per assicurare l’invarianza idraulica nella pianificazione urbanistica e in ogni puntuale intervento di urbanizzazione. perfino l’attività conoscitiva ed i monitoraggi del territorio, indispensabile soprattutto nei settori idrologico e geologico, vengono svolti virtuosamente solamente da alcune regioni.
è debole la funzione di indirizzo e coordinamento dello stato tra competenze suddivise tra diversi ministeri e dipartimenti.
allora, rusconi?
"purtroppo, per invertire la rotta, saranno necessari molti anni di difficile lavoro, ma si deve iniziare senza perdere un istante".
la battaglia è già persa.