sarà stato forse il mio umore, ma ne dubito perché il morale era alto; oppure la stagione velata; o ancora è effetto della domenica con i negozi chiusi..
oggi casale monferrato m’è sembrata una città spenta, delusa, in discesa verso un abbandono consapevole.
i palazzi dei nobili monferrini erano sequenze di persiane chiuse, come monasteri antichi e freddi.
piazza mazzini, vuota; c’era solamente nell’accenno di sole una coppia di (pachistani?) seduti sui gradoni del monumento equestre di carlalberto re, in forma di marcaurelio, e telefonavano ad alta voce.
serrati i portali verdi del duomo antico; una coppia di vecchi seduti a un tavolino della drogheria corino ricca di squisitezze esposte dalle vetrine sotto il portico, e quasi deserto il caffè savoia con l’arredamento della nobile tradizione piemontese.
attorno al castello nessuno, tranne un uomo con il cane.
grigio come se fosse congelato il po là sotto.
i giadini di via piave, alberi silenziosi.
solitudine attorno ai vecchi arsenali dietro corso indipendenza.
oltre via venti settembre, ecco lo spiazzo vuoto in cui c’era il mortifero stablimento dell’eternit che tanto amianto aveva distribuito nell’aria di casale per decenni seminando mesoteliomi pleurici sugli operai e sui cittadini.
industrie abbandonate.
stabilimenti deserti e grigi, con le vetrate in frantumi.
fantasmi d’industria da tutti i lati della città, uscendo sulla provinciale verso alessandria, e uscendo verso vercelli.
“abito qui a casale da 18 anni. mi manca milano”.
ma non le piace vivere qui?
“è un posto tranquillo”.
tranquillo.
forse cambierò idea quando vedrò casale, la capitale del marchesi d’acaia e d’aleramo e del monferrato, nella stagione migliore; e allora nei giardini ci saranno feste di bambini e sopra di loro feste d’uccellini.