sul sole 24 ore di oggi scrivo questo articolo sul fumus persecutionis.
i consumatori e interi settori della produzione di cibi sono sempre più alla mercé del sentito dire.
si esprimono con facilità pre-giudizi. cioè prima si emette la sentenza, e poi si cercano le prove per dimostrarne la correttezza, scartando le prove opposte.
si giudica, si condanna, a fiuto.
è sufficiente spesso un’impressione, un’idea, l’aroma di un pericolo per la salute, e le paure più profonde scorrono libere di distruggere aziende, prodotti.
giorni fa carlo andrea finotto (con l’articolo «distinguere le vere emergenze») ripercorreva la psicosi sulle carni rosse.
oggi l’efsa, l’agenzia europea sulla sicurezza alimentare, sospetta una leggerezza dello iarc dell’organizzazione mondiale della sanità nell’attribuire rischi di cancro a uno dei diserbanti meno tossici, il glifosato (clicca qui per leggere un articolo in cui esprimo alcune domande sul glifosato).
suggerisco anche di leggere il blog del bravissimo emanuele scarci, aziende in campo (clicca qui).
ora sette oli d’oliva fra i più diffusi sono sotto inchiesta: non sarebbero extra vergini bensì oli ordinari d’oliva.
per essere extra vergine un olio deve avere una trentina di parametri chimici e fisici.
per esempio deve avere un’acidità massima dello 0,8%, la premitura dev’essere esclusivamente meccanica, il contenuto di cere non deve superare i 250 milligrammi al chilo.
l’aroma, la ricchezza del gusto, il paese d’origine, la varietà dell’oliva e così via non determinano se un olio è o non è extra vergine.
anche un oliaccio pessimo al gusto può essere un extra vergine, perché per essere extra vergine l’olio deve essere di prima spremitura meccanica e avere alcune caratteristiche chimiche.
indipendentemente dalle sue caratteristiche gustative o qualitative.
può darsi che quella dei sette oli accusati di frode in commercio siano davvero oli ordinari d’oliva, e non extra vergini.
ma va dimostrato.
come dimostrare se un olio è extravergine?
io direi: l’olio può essere definito extra vergine se risponde alle caratteristiche che lo identificano (acidità, contenuto di cere e gli altri parametri) e ciò si dimostra con le analisi chimiche e con un controllo al frantoio, per dimostrare che è la prima premitura di olive frante in modo meccanico, senza centrifugazioni o solventi.
invece la legge dice che per dimostrare acidità, contenuto di cere, tipo di premitura bisogna affidasi a un gruppo di degustatori scelti dalla locale agenzia delle dogane.
non valgono le analisi su acidità, frantoi e così via.
fanno prova i nasi e le papille degli espertissimi degustatori.
cambia agenzia delle dogane, cambia gruppo di assaggiatori, e il risultato cambia.
di là dal caso dei sette oli sotto accusa, la qualità di ciò che mangio è affidata a gruppi di fiutatori (espertissimi certo) che mi dicono il come e non all’analisi certa che mi assevera il che cosa.
si condanna o si assolve così, a fiuto.