mentre in italia è osteggiato dai comitati nimby non l’uso inquinante del petrolio bensì lo sfruttamento dei giacimenti nazionali di metano e di greggio, in tunisia il popolo chiede di sfruttare di più la risorsa del sottosuolo per condividerla con i poveri, in modo da distribuire un po’ di benessere fra i tunisini soffocati dalla disoccupazione.
è il movimento uinou el-pétrol, dov’è il petrolio.
perfino i cantanti e i rapper tunisini aderiscono alla protesta per il petrolio. ecco qui sotto un bel rap del bravissimo gadour (nome d’arte gadour l’artistou) per chiedere più petrolio per i poveri e contro la disoccupazione.
da settimane ci sono proteste, scontri, vandalismi dei sì-triv nelle aree petrolifere della tunisia, e soprattutto nella zona berbera di tatauin (in tunisino تطاوين, nella traslitterazione francese tataouine), dove anni fa erano state girate diverse importanti scene della saga guerre stellari ambientate a tatooine.
un morto tra i contestatori, investito per errore da un’auto della polizia, molti feriti anche tra gli agenti di polizia, 13 autovetture, due moto e nove veicoli delle forze dell’ordine, una caserma della guardia nazionale e un distretto di polizia dati alle fiamme.
a tataouine ci sono istallazioni petrolifere dell’eni, dell’austriaca omv, della winstar.
la shell è presente nel golfo di gabes, dove estrae metano.
i contestatori chiedono che le compagnie condividano le royalty con i programmi di sviluppo locale, come si fa invece in italia.
da settimane centinaia di giovani sì-triv organizzano sit-in per chiedere misure concrete per l’occupazione e maggiori fondi per lo sviluppo regionale usando le risorse date dal petrolio.
anche il centro di tunisi è stato teatro di manifestazioni a sostegno dei manifestanti di tataouine e per la condivisione dei benefici del petrolio.
il governo di unità nazionale di youssef chahed ha offerto ai giovani di tataouine 1.000 assunzioni nelle società petrolifere della zona a partire da giugno e altre 500 prima della fine dell’anno.
ha promesso altri mille posti di lavoro nelle società legate alla tutela dell’ambiente, altri mille supplementari da gennaio 2018 e un fondo di 50 milioni di dinari l’anno.
ma sono assunzioni vicine all’assistenzialismo e ai “lavori socialmente utili”, perché le compagnie petrolifere non hanno bisogno di quei dipendenti.
in altre parole, si imporrebbe alle società petrolifere l’obbligo di pagare stipendi per motivi sociali.
queste le rivendicazioni molto concrete dei manifestanti: assunzione di un lavoratore per ogni famiglia presso le società petrolifere della regione, reinvestimento del 20% degli utili delle stesse società in impianti nella zona a favore di progetti regionali, e il trasferimento della loro sede dalla capitale tunisi a tataouine.
nei giorni scorsi gli agenti avevano usato i lacrimogeni per disperdere la folla scesa nelle strade della città per dar manforte ai manifestanti di el-kamour dopo la decisione del premier, youssef chahed, di riaprire la stazione di pompaggio di petrolio di eli amour che alimenta la raffineria di schira, bloccata dall’ala più dura dei protestatari.
il presidente della repubblica tunisina, beji caid essebsi, il 10 maggio aveva stabilito che la difesa delle istallazioni petrolifere al sud sia affidata all’esercito per salvaguardare la produzione nazionale.
un gruppo di manifestanti sì-triv ha invaso la sede del governatorato di tataouine e agitazioni vengono segnalate anche a douze, kalaa e fouar, dove i protestatari si sono organizzati in forma di comitato collettivo regionale.
la società che gestisce l’oleodotto del sahara (trapsa) ha deciso di fermare il flusso principale dell’oleodotto, che collega il campo di el-borma alla stazione di pompaggio di el-kamour bloccandone l’attività.
i disordini a favore dello sfruttamento dei giacimenti hanno interessato la zona dell’oleodotto che appartiene alla société italo-tunisienne d’exploitation pétrolière (sitep, società italo-tunisina per lo sviluppo petrolifero, detenuta pariteticamente dallo stato tunisino e dall’eni).
una caserma della guardia nazionale tunisina all’entrata nord della città è stata data alle fiamme dal movimento pro-petrolio.