(ho tratto l’immagine qui sopra dal film fast workers del 1933).
la misoginia al posto della geofisica.
l’odio per le donne invece dell’analisi dei precursori sismici.
sentite che cosa asserisce un sedicente esperto, il predicatore iraniano hojatoleslam kazem sedighi:
la colpa dei terremoti sono le donne.
avete letto bene.
ha proprio affermato in pubblico: ciò che provoca i terremoti sono le donne.
nel dettaglio, sedighi ha affermato: “molte donne non si vestono con modestia, portano i giovani alla perdizione, corrompono la castità e disseminano l’adulterio nella società, e fanno aumentare i terremoti”.
per affermare ciò sedighi si basa forse su tracciati sismici?
ha letto i pennini che balzano sui sismografi?
no, quella di sedighi è non una rilevazione bensì una rivelazione perché viene da assai più in alto: “un’autorità divina mi ha detto di avvertire il popolo di pentirsi perché la calamità ci sta minacciando”, ha affermato sedighi davanti ai fedeli riuniti per il sermone del venerdì.
dopotutto, gli antichi greci facevano risalire le scosse sismiche alla furia punitrice di poseidone l’enosigeo e anche oggi nel mondo che si ritiene evoluto taluni attribuiscono i movimenti delle faglie alla vendetta divina contro i peccati dell’umanità.
il governo persiano, edotto dall’autorevole previsione, ha subito preso provvedimenti contro la minaccia teosismica.
il presidente mahmud ahmadi nejad ha annunciato misure a tutela dell’incolumità pubblica minacciata dalle donne: “almeno 5 milioni di persone dovrebbero sfollare da tehran”.
non c’è bisogno del religioso maomettano per scoprire che ciascuna donna possa provocare terremoti.
è risaputo che in qualche caso le donne siano uno sconvolgimento, a volte addirittura una catastrofe.
è ben noto che le donne non smuovono i pennini di sismografi ma fanno balzare i pennini degli elettrocardiogrammi.
ed è chiaro anche il motivo di tanto rosicamento di questo sedighi contro le donne: la consapevolezza di esserne infinitamente inferiore.
(ne ha scritto anche il quotidiano londinese the guardian).