sul filo della memoria.
un evento minimo ed enorme (clicca qui per il video im märkischen sand).
quando con l’8 settembre l’infame lasciò allo sbando l’esercito italiano, fra le migliaia di militari italiani deportati dai tedeschi ci furono i 160 “schiavi” del lager 782/c, soldati italiani rinchiusi per 20 mesi a treuenbrietzen a una 60ina di chilometri da berlino per i lavori forzati alla guntersberge metallwaren fabrik, che produceva proiettili per fucili. lavoro 12 ore al giorno senza giorno di riposo, pasto unico di zuppa e 180 grammi di pane alle 18 di sera, zero abiti, zero cure, zero riscaldamento. molti dei 160 morirono di stenti e malattia.
il 21 aprile 1945 arrivò un carrarmato russo.
si aprirono le porte del lager, avvisando però che erano un’avanguardia e che il fronte era ancora lontano.
appena i sovietici si allontanarono, un reparto di ss tedesche rientrò nel campo, separò dagli altri prigionieri (indiani russi eccetera) i 131 militari italiani, li portò giù sotto sul fondo della cava di sabbia e da sopra a mitragliate li macellò tutti.
poi a vangate di sabbia i tedeschi coprirono i cadaveri degli italiani, tra i quali quattro feriti ancora vivi rimasti sepolti sotto i corpi dei compagni. (i quattro riuscirono a scavare e fuggire).
il missionario veronese monsignor luigi fraccari, volontario in germania dopo l’8 settembre 1943 per aiutare gli internati militari italiani, ricuperò dalla cava di sabbia di treunbrietzen i corpi dei 127 assassinati, dei quali 111 identificati e 16 rimasti senza nome; i resti furono sepolti nel cimitero italiano di nichel e nel 1955 nel cimitero militare italiano di berlino (friedhof zehlendorf).