oggi cent’anni fa. il generale serial killer fa fucilare l’artigliere perché fuma il sigaro.

oggi cent’anni fa. è il 4 novembre 1917.

per l’incapacità dei generali italiani arroganti, presuntuosi e ignoranti, gli austriaci hanno sfondato il fronte a caporetto, il regio esercito è in ritirata, una disfatta; gli alti ufficiali – quelli di carriera – fuggono verso treviso e padova in automobile con le mogli impellicciate o con le amanti ingioiellate; gli altri invece marciano da giorni nel fango senza alcuna organizzazione, affamati, infangati fino al ginocchio, senza armi, senza ordini, impidocchiati, con voci contraddittorie e false, è saltato il ponte di casarsa, bisogna passare per latisana, il ponte di casarsa è aperto e presidiato dai carabinieri, gli austriaci sono in treno verso roma, il tagliamento è il piena e non si passa, si passa per il tagliamento, gli austriaci hanno fatto saltare il ponte di latisana.

ieri pomeriggio 3 novembre a noventa di piave nella folla di soldati e profughi il generale andrea graziani, uno dei peggiori, un assassino seriale che al fronte aveva fatto sparare alle spalle i soldati italiani, dice all’autista di fermare la macchina e i carabinieri del suo plotone personale di esecuzione perché la strada statale è ingombrata da una colonna di artiglieri di montagna. e poi i profughi, donne e uomini e bambini con carri bovi materassi. sono circa le 16,30. il cielo è grigio e si scurisce verso il levante dove gli austriaci avanzano, promette ancora piova prima che faccia buio.

i soldati salutano con la mano alla fronte il generale stellette e nastri ma un soldato, il soldato alessandro ruffini, marchisciano di castelfidardo, lo saluta senza togliere la pipa di bocca.
graziani si mette a urlare contro il soldato, alza il bastone e lo picchia sulla testa e sulle spalle urlando.

il soldato ruffini alessandro, di anselmo, da castelfidardo si stringe nelle spalle senza muoversi, chiude gli occhi e cerca di ripararsi sotto all’elmetto dalla tempesta di bastonate del generale andrea graziani.

le donne gemono; un borghese, questi borghesi che si mettono sempre in mezzo nelle cose dei militari, si rivolge al generale e dice non è questo il modo di trattare i nostri soldati.
il generale andrea graziani urla: “dei soldati io faccio quello che mi piace!“, e ordina ai carabinieri del suo plotone privato d’esecuzione di prendere il povero soldato ruffini, lo fa mettere davanti a un muro, e lo fa fucilare fra le donne che urlano di orrore.

poi graziani ordina allo sbigottito tenente colonnello folezzani del 28° campale di far sotterrare la salma straziata del soldato ruffini con la motivazione “è un uomo morto per asfissia”, dice ad alta voce graziani il serial killer.
sale sull’automobile e riparte.
il ruffini alessandro è morto per asfissia.

la vicenda che hai letto è stata raccontata dal quotidiano l’avanti.

il generale andrea graziani prende carta e penna e racconta a modo suo l’episodio:
“occorreva imporsi con mezzi straordinari, con qualunque mezzo, pur di avere ragione subito sopra le cause dissolvitrici che avevano pervertito quegli sciagurati”, scrive graziani.
per questo motivo “ho intrapreso una vera lotta di aggressione morale e fisica contro le orde di sbandati”.

ecco, e “fu appunto in tali circostanze che nel pomeriggio del 3 novembre sulla piazza di noventa di piave raggiungevo la testa di una colonna di artiglieria”.
graziani costringe questi militari sfatti dopo giorni senza cibo e senza ordini infangati dalla marcia, a inquadrarsi e a sfilare, guidati dai loro bravissimi ufficiali inferiori, dai tenentini e dai capitani che fino a una settimana fa si facevano massacrare sui reticolati insieme con i loro soldati.
sfilare inquadrati davanti alla macchina di graziani e al camion con i carabinieri del plotone d’esecuzione privato di graziani.
“stavo in piedi sull’automobile e rispondendo salutando a ogni capo plotone man mano che egli dava il comando di attenti a sinistr”.

ma il fucilatore seriale vede quello della pipa, anzi del sigaro: “scorsi un soldato che piantatosi un sigaro attraverso la bocca, con la faccia atteggiata a riso di scherno, mi fissava in atto di sfida”.
è il soldato ruffini. lo fissa in atto di sfida, dice il generale assassino.
“valutai tutta la gravità di quella sfida verso un generale che aveva il coraggio di imporre il ritorno al rispetto della disciplina”.
(la gravità della sfida del sigaro).
“valutai la necessità, secondo la mia coscienza, di dar subito un esempio terribile, atto a a persuadere tutti i duecentomila sbandati che da quel momento vi era una forza superiore alla loro anarchia, che li avrebbe piegati all’obbedienza”.
(la mia coscienza, la loro anarchia, li avrebbe piegati all’obbedienza).
ancora il generale graziani: “saltato giù dall’automobile e, di corsa, penetrato entro le file, ho bastonato sulla schiena quel soldato. fermato lo sfilamento, legato il soldato dai carabinieri della mia scorta, l’ho fatto immediatamente fucilare contro il muro della casa vicina”.

i passi che hai letto sono tratti dalla lettera di precisazione del generale andrea graziani pubblicata dal quotidiano il resto del carlino.

il padre del soldato ruffini, anselmo, denuncerà per omicidio il generale serial killer. graziani sarà assolto e anzi promosso.

oggi nella folla centinaia di migliaia di sbandati senza ordini, vestiti con ciò che hanno trovato nella marcia, senza cibo, senza armi, senza ordini o indicazioni o aiuto, nella folla che si trascina nel fango del friuli verso il veneto, oggi 4 novembre 1917 il generale graziani consegna ai carabinieri del suo plotone privato d’esecuzione un suo proclama personale:
“in nome dei poteri conferitimi, tutti i militari, ufficiali e truppa, devono portare sul copricapo il numero del reggimento o del corpo cui appartengono.
il numero deve essere della grandezza regolamentare cucito di stoffa o scritto con matita indelebile o con inchiostro.
a datare dalle ore 9 del 5 novembre, qualunque militare sprovvisto del numero o senza copricapo sarà fucilato”
.
nessuno della folla di sbandati affamati laceri senza berretto o senza giacca saprà mai di questo ordine.

un altro proclama personale scritto in mezzo all’onda di militari senza ordini e senza informazioni che si muove indistinta verso il veneto: “dovranno percorrere solo le strade assegnate”, e chiunque non si muova sulle strade assegnate “sarà passato per le armi”.
non esistono strade assegnate. nessun ordine, nessun piano ha mai assegnato le strade di transito alla massa indistinta di soldati in ritirata verso il veneto.

fra pochi giorni, il 6 novembre 1917, andrea graziani farà fucilare sommariamente a magrè il sergente adalberto bonomo, da napoli, colpevole di avere risposto “in maniera vivace”.
il 10 novembre 1917 andrea graziani sulla riva del fiume tagliamento farà legare a un albero e fucilare dai suoi carabinieri due fanti uno dei quali aveva il tascapane rigonfio con un sacchetto pieno di due chili di farina di cui non avevano saputo spiegare la provenienza.
il 16 novembre andrea graziani farà esporre sui muri delle case un proclama in cui scriverà di aver fatto fucilare quella mattina 19 altri soldati per motivi diversi.
e altre fucilazioni seriali lungo il muro del cimitero di san pelagio di treviso.

andrea graziani farà una carriera fulminante.
e quando nel 1922 arriverà il fascismo, vi aderirà entusiasta e ne diventerà il capo della milizia.
finché nel febbraio del 1931 andrea graziani verrà trovato morto ai piedi della massicciata della linea ferroviaria bologna-firenze, caduto – concluse l’inchiesta in modo rapido – dal treno in corsa perché aveva sbagliato ad aprire la porta del vagone.
caduto da un treno che non aveva preso.
caduto sulla massicciata in un punto in cui non era possibile.
chissà che cosa avrebbe potuto rivelare l’autopsia, tenuta segretissima anche ai famigliari di graziani.

(dal film “uomini contro” di francesco rosi, 1970, tratto in modo fedele dal libro “un anno sull’altipiano” di emilio lussu).