(segue. qui la prima parte)
prima del decollo il comandante, alessandro, triestino che una volta era un elicotterista di marina, fa il briefing di sicurezza.
per chi è abituato al solito briefing dell'aereo di linea ("gli assistenti di volo vi stanno mostrando l'ubicazione delle uscite di sicurezza"), questo è un briefing assai più operativo e diretto.
il giubbotto salvagente va allacciato alla vita (in altri casi viene fatto indossare direttamente), in caso di ammaraggio forzato o di atterraggio d'emergenza su terra quale posizione è bene assumere (seduti eretti, le mani sotto alle cosce, i muscoli tesi); se – in caso di impatto con il terreno – la struttura si deformasse, il portellone va aperto con una leva che sgancia i nippoli e lo stacca del tutto. gli ultimi due passeggeri che scenderanno dall'abitacolo devono gettare in acqua gli autogonfiabili. la cintura di sicurezza è a quattro punti e bisogna agganciare anche gli spallacci.
in volo è bene indossare la cuffia, perché il rumore è forte (il motore è a 30 centimetri sopra la testa) e dopo mezzora rintrona.
i turnisti che vanno a prendere il loro di posto di lavoro, claudio falsaterra, 53 anni, di augusta, e daniele giuliano, di solarino, prendono l'elicottero con l'annoiata abitudine con cui le impiegate di milano prendono la 43.
chiusi i portelloni, il rotore cambia il passo all'elica e le pale – che erano a bandiera – s'inclinano e cominciano a mordere l'aria. l'i-meso si alza, fa un giro ampio sopra la periferia di siracusa.
il volo durerà circa quaranta minuti.
si passa sopra àvola, a sinistra sulla rotta per la piattaforma vega, con il centro storico che disegna geometrie, e noto, a destra. un giro stretto sopra noto, per vedere dall'alto ogni dettaglio della pazzìa barocca di questa città.
sono gli effetti di quel terremoto di fine seicento.
accadde nel 1693.
la prima scossa rilevante fu la sera del 9 gennaio, venerdì. crollarono molte case, ci furono molti morti. il giorno dopo, sabato, fu tranquillo. si scavava tra le macerie. domenica mattina, 11 gennaio 1693, un'altra scossa devastante. alle 13,30, la botta finale, 7,4 grado richter, un maremoto sulla costa.
a catania morirono tre quarti degli abitanti.
la cittadina di occhiolà scomparve dalla storia.
a lentini, la città del poeta jacopo, morì metà della popolazione.
la zona più distrutta fu quella compresa tra carlentini, lentini, augusta, buscemi, giarratana e francofonte.
sùbito attorno, furono spazzate palazzolo, siracusa, àvola, noto, chiaramonte, ragusa, catania, misterbianco, acireale, adrano.
cominciò la ricostruzione. in stile barocco, in quel barocco arditissimo e scenografico di quella sicilia.
le città furono pensate come città ideali, cancellando le borgate medievali fatte di stradine strette. le strade furono pensate in modo secentesco.
per esempio, la nuova àvola rinacque su pianta rigorosa esagonale, e ancora oggi la città conserva i lunghi rettifili dati a fine seicento.
ancora più spiccata la pazzìa architettonica di grammichele, voluta dai carafa (in piazza il loro palazzo) al posto della cittadina di occhiolà piallata dal terremoto,e pensata con una pianta regolarissima e sorprendentemente barocca per assurdità: le strade ad angolo impediscono qualsiasi visione prospettica e le chiese principali sono disposte fuori asse per poter disegnare una forma di croce che si può vedere solamente sulla mappa.
ma la cosa più stupefacente fu la scenografia teatrale delle nuove città. prospettive illusorie, come illusoria la scenografia di tebe creata da vincenzo scamozzi per il teatro olimpico di andrea palladio a vicenza.
il caso più esemplare non è la città di noto bensì la chiesa di san giorgio a ragusa, con la facciata altissima su una scalinata altissima che si apre sul nulla della rupe di ibla.
erano scenografie di teatro fatte di niente. quinte sul palcoscenico. queste facciate di chiese, dietro, sono vuote.
la facciata delle chiese barocche della sicilia orientale non corrisponde alle dimensioni dell'edificio. la chiesa, dietro la facciata imponente, è molto più piccola.
come se la facciata fosse una scenografia posticcia. perché lo è, posticcia.
si vede bene non solamente a san giorgio (ragusa) o a noto, ma anche a mòdica, scicli oppure còmiso.
volando con l'elicottero sopra questa scenografia di cartapesta, ecco rosolini, ìspica arroccata.
dopo chilometri di aranceti, ora si passa sopra a chilometri di serre lùcide i cui teli di polietilene trasparente riflettono il faro del sole come se fossero acqua.
pozzallo e il porto con i lunghi moli che abbracciano il mare.
dodici miglia al largo, in direzione di malta, c'è il giacimento vega.
è diviso tra due istallazioni, la piattaforma e la nave leonis.
la nave leonis è una nave-serbatoio. non ha i motori, e vive ancorata. ha un suo equipaggio stabile, ma non naviga: ruota attorno all'ancoraggio e come una bandiera asseconda il vento. è allacciata con alla piattaforma con due tubi lunghi un miglio e mezzo posati sul fondo del mare. la leonis è il serbatoio del greggio estratto da vega. ed è il serbatoio del gasolio che viene usato vega.
(segue)