il bravissimo giuseppe oddo (sciapò) ha già toccato questo tema.
siamo sicuri – si chiedeva oddo in un articolo pubblicato nel suo blog finanza&potere prendendo spunto dalle analisi di alberto clô – che l'energia atomica sia così conveniente?
torno sull'argomento con un nuovo studio. si tratta dell'analisi condotta dalla fondazione per lo sviluppo sostenibile guidata da edo ronchi.
lo studio è stato pubblicato sulla gazzetta ambiente (non ancora disponibile in linea)
afferma la ricerca: "il nucleare è più costoso e non regge la concorrenza né delle centrali a gas, né di quelle a carbone".
in particolare, come osserva anche francesco ferrante (senatore ecologista del pd), lo studio di ronchi analizza le stime dei principali istituti internazionali (come l’agenzia per l’energia nucleare dell’ocse, l’ufficio del bilancio del congresso usa, l’istituto di ricerca di palo alto, il massachussets institute of technology, la commissione dell’unione europea, la camera dei lords britannica) e soprattutto fa ricorso ai documenti department of energy del governo usa e di moody’s.
le conclusioni sono chiare: a dispetto dei luoghi comuni, a parere della fondazione il nucleare dal punto di vista economico non conviene.
“pochi ancora oggi credono che il nucleare produrrà energia così economica da non potersi neppure misurare, ma la percezione che sia una fonte conveniente è ancora ampiamente diffusa, nonostante tutte le prove contrarie emerse nel regno unito negli ultimi 20 anni ”. così scrive steve thomas, professore di politiche energetiche dell'università di greenwich (rivista energia, n. 2, giugno 2010). Non solo nel regno unito: in italia la convenienza economica della produzione di elettricità con le centrali nucleari è ritenuta un'ovvietà. Nelle bozze elaborate dal ministero dello sviluppo economico del ”nuovo programma nucleare italiano”, per esempio, si afferma che "la costruzione delle nuove centrali elettronucleari consentirà di fornire elettricità a prezzi più convenienti, a tutto vantaggio delle famiglie e del sistema produttivo”.
secondo ronchi, il costo medio dell’energia elettrica in tutti i maggiori studi (escluso quello dell’agenzia per l’energia nucleare) è di 94,6 dollari per mille chilowattora, pari a circa 72,8 euro per mille chilowattora, che è simile al valore del range dello studio nea con costo del capitale al 10%.
72,8 euro/mwh corrispondono ad un costo di circa il 20% più alto di quello pubblicato da enel-edf e dal governo italiano (60 euro/mwh ): una simile differenza, che risulta dalla comparazione di 7 studi recenti, realizzati in paesi dove il nucleare c'è e da istituti e istituzioni indipendenti, cambia completamente la valutazione dei costi dell'elettricità prodotta con le nuove centrali nucleari. il che richiama una vecchia, ma sempre valida regola, che la politica e i governi, e tutti coloro che hanno ruoli di interesse pubblico dovrebbero osservare: non affi darsi all'oste per sapere se il suo vino è buono.
a parere della fondazione, i costi del chilowattora prodotto da nuove centrali nucleari in italia sarà assai più alto di quelli sin qui considerati per paesi industriali dove il nucleare è già sviluppato. in italia, inoltre, si sta andando verso un eccesso di centrali elettriche. molte centrali turbogas a ciclo combinato sono tenute spente o a mezzo servizio perché ci sono problemi di rete di alta tensione e sovrabbondanza di energia (sì, ma di quella a caro prezzo).
ma ecco ancora un passo dallo studio.
i costi sin qui considerati, sono riferiti a centrali nucleari costruite in paesi dove il nucleare è già sviluppato, dotati di un’industria nucleare, di impianti per la produzione del combustibile, il trattamento e lo stoccaggio dei rifi uti radioattivi, dove, in genere, vi sono territori idonei e meno abitati, dove minore è l'opposizione delle popolazioni locali.
in italia le condizioni sono diverse e più onerose per il nucleare: condizioni che comportano costi di avvio del sistema più elevati. è ragionevole prevedere che in italia i tempi di costruzione di una centrale nucleare siano più lunghi di quelli richiesti in un paese ove il nucleare è già sviluppato. poiché in italia le opposizioni locali e regionali al nucleare sono forti e poiché la maggioranza del governo nazionale può cambiare e non vi è alcuna larga intesa politica sul ritorno al nucleare, il rischio che la costruzione di una centrale sia in futuro interrotta, è piuttosto concreto. maggiore durata del cantiere e maggiore rischio che non sia portato a termine, si traducono anche in maggiore costo del capitale investito: è quindi altamente probabile che quel 10%, calcolato per il costo del capitale in paesi dove il nucleare è già sviluppato, in italia non sia sufficiente.
Scarica Lo studio della fondazione per lo sviluppo sostenibile sui costi del nucleare