le principali aziende mondiali quotate in borsa, nonostante la mancanza di un accordo globale sul cambiamento climatico, affermano che il carbon management sta assumendo una priorità strategica per il loro business, diventando a tutti gli effetti un driver competitivo.
(domanda tra me e me. perché – quando devono dire cose normali – questi economisti del pìffero usano parole in inglese?)
anche in italia, il tema delle emissioni di anidride carbonica si sta imponendo nell’agenda dei consigli di amministrazione quale importante indicatore a cui gli investitori guardano con sempre maggiore attenzione.
è questo il trend che emerge con forza dall’ultimo studio carbon disclosure project 2010- italy 60 report promosso dal carbon disclosure project - che rappresenta oltre 500 investitori istituzionali – insieme a pwc, che è stato advisor dello studio e ha analizzato i dati, e in collaborazione con il monte dei paschi di siena.
delle 60 maggiori aziende del mercato finanziario italiano interpellate, per la prima volta le 21 che hanno risposto hanno fornito informazioni non solo sulle loro strategie per un futuro low-carbon, ma anche sulla governance adottata, la comunicazione verso gli stakeholder e i risultati ottenuti. la percentuale di disclosure sulle emissioni di co2 è salita al 95% tra le aziende che hanno risposto al sondaggio, marcando una crescita sostenuta rispetto all’anno precedente (78%).
“è interessante sottolineare come l’81% dei respondent, che ha divulgato le proprie emissioni, abbia validato tale dato tramite un verificatore esterno indipendente. un chiaro segnale che le aziende italiane stanno prestando maggiore attenzione al bisogno di riduzione delle proprie emissioni risulta dal fatto che il 76% delle aziende che hanno aderito allo studio, hanno un target di riduzione delle emissioni e il 10% è nel processo di sviluppo di tale target. questa tendenza è in linea con la missione di cdp: accelerare le soluzioni al cambio climatico”, commenta diana guzman, direttrice cdp per il sud europa.
è aumentato anche il numero di aziende che divulga gli obiettivi di riduzione delle emissioni (16 nel 2010 rispetto ai 7 del 2009) e coloro che hanno intrapreso azioni nel corso dell’anno (18 nel 2010 contro 9 nel 2009), a partire dall’aumento dell’efficienza energetica e dell’illuminazione degli edifici, al revamping degli impianti, costruzione di nuovi, e produzione di energia da fonti rinnovabili.
secondo paolo bersani, che per pwc ha coordinato il rapporto, il cambiamento climatico è saldamente nell’agenda dei consigli d'amministrazione. il 67% degli interpellati si è dotato di una commissione o di un organismo esecutivo dedicato che riporta al cda.
il 57% afferma di offrire incentivi ai dirigenti basati sulla gestione delle problematiche del cambiamento climatico, incluso il conseguimento di obiettivi di riduzione di gas a effetto serra.
il dato è leggermente inferiore al 63% delle aziende del report internazionale global 500.
inoltre, 15 aziende hanno dichiarato di proporre beni o servizi che sono stati specificatamente disegnati per aiutare i consumatori a evitare emissioni di gas ad effetto serra.
il coinvolgimento con i politici è visto dalla maggioranza come un aspetto importante della strategia: il 67% ha detto di lavorare con i responsabili politici a possibili risposte ai cambiamenti climatici anche in materia fiscale, di regolamentazione e di carbon trading, nonostante la parte corrispondente delle aziende global 500 ammonti a circa l’80%.
per quanto riguarda la strategia di comunicazione e coinvolgimento degli stakeholder, il 90% dei respondent ha pubblicato informazioni circa le proprie azioni intraprese. in particolare 15 società su 21 pubblicano tali informazioni sia nella relazione annuale, o in altri documenti ufficiali, e in comunicazioni volontarie quali i rapporti di corporate social responsibility. (per le persone normali: "responsabilità sociale d'azienda").
il rapporto cdp italy 2010 presenta una novità: i respondent sono stati valutati non solo per il loro punteggio di disclosure sulle emissioni, ma anche nei confronti di un nuovo indicatore di performance.
(continuo a chiedermi perché questi economisti del menga usano tutte queste parole inglesi)