dentro lampedusa/2. fame. non dare il pesce ma insegna a pescare

diario clandestino. posizione 35° 30' e 56" nord, 12° 34' e 23" est.

queste corrispondenze (questa è la seconda; puoi leggere la prima corrispondenza cliccando qui) arrivano dall'interno dell'isola nell'isola dell'isola: dall'interno del centro profughi, il quale è dentro all'isola di lampedusa, la quale fa parte della provincia di agrigento, che è regione sicilia.

non sono racconti scritti da un cronista, al quale fanno vedere quello che vogliono, oppure il quale scrive quello che ti vuol far vedere.
sono le testimonianze di una persona, un uomo, un dipendente della repubblica italiana, il quale racconta a te e a me quello che vede. né più né meno.

continuo (insieme con te) questo viaggio attraverso a ciò che non si legge sulle cronache drammatiche di questi giorni.

da roy bitonale

dentro lampedusa oggi ho rubato un sorriso.

avevo appena finito di mentire a mia madre, al telefono, sulla situazione a lampedusa, quando mi accorgo che sul bordo della banchina del porto, dove ormai da giorni staziona mezza tunisia, scorgo un ragazzo intento a srotolare un filo di nailon in acqua.

curioso per come sono, visto che la prima alba illuminava meglio, mi sono avvicinato e l'ho scorto intento a provare a pescare uno di quei numerosissimi pesciolini che nuotano sotto la banchina.

potrebbe essere riconosciuta come un'attività simpatica se non sapessi che quel povero disgraziato lo stava facendo per sfamarsi e recuperare proteine che dall'insufficiente pasto gli abbisognavano.

così me ne resto accanto a lui in silenzio fumacchiando uno dei miei toscani ammezzati.

si addannava perché l'esca (in pratica mezzo panino che aveva risparmiato dalla colazione) non riusciva a rimanere compatta sugli ami – ami che non so nemmeno io dove avesse recuperato.

era così assorto che nemmeno si era avveduto della mia presenza se non fino a quando ho preso la parola io per salutarlo con un classicissimo salam.

alzati gli occhi verso di me era dubbioso se per caso stessi per dirgli che lì non poteva stare; e per fugare qualsiasi dubbio sorrido subito e in quell'arabo essenziale che conosco gli chiedo se da molto stava provando e facendo tentativi.
il ragazzo mi risponde di si e gli chiedo subito da dove arriva.

è arcinoto che i tunisini o sono pescatori o sono cammellieri.
nel caso in questione si trattava non di figlio di pirati saraceni ma chissà di quale stirpe carovaniera.
così un po' nella sua lingua e un po' nella mia – fatta di gesti tipici di noi gente del sud – gli spiego che il pane deve prima inumidirlo e poi pressarlo sugli ami per renderlo compatto.
in un attimo la mia attenzione si sposta su un camion-frigo in attesa di poter caricare il pescato della notte sul traghetto in arrivo e mi accorgo che gocciola acqua.
sfilo dall'astuccio la mia pattada (orgoglio del mio servizio in sardegna) e - presa una delle tante bottiglie d'acqua - raccolgo un po' di colatura che gocciola dal camion.
è acqua salata e sa di pesce. ottima per quel tipo di pesca.

la porto da lui e gli spiego di inumidire il pane in quel liquido piuttosto roseo, forse per via di calamari o moscardini o comunque cefalopodi catturati in nottata.

parte con la prima calata, e nemmeno il tempo di farlo che già un cefalo è allamato e portato in banchina.

tutto emozionato comincia a ridere.
chiama alcuni amici intorno.
se li mette vicino e riprende l'impresa: ricatturando un altro cefalo.

il cefalo.
un pesce che in vita mia mi sono sempre rifiutato di mangiare e addirittura pescare.
considerato da tutti come un pesce lordo perché sporco e talvolta inquinato.
ma va da sé che con la fame che doveva avere il tipo, se ci fosse o meno gasolio non gliene sarebbe importato nulla.
così continua ancora fino ad arrivare al quarto pesce.
con tutti gli amici intorno che gli facevano i complimenti e lo incoraggiavano a continuare mentre io me ne restavo, sornione e sorridente, a godermi lo spettacolo.

do un'altra occhiata intorno e mi accorgo che anche altri di quei ragazzotti stanno pescando e tutti hanno la loro bottiglietta di plastica con cui raccolgono il "liquido miracoloso" manco fosse passata la madonna di lourdes.
mi sono sentito di colpo soddisfatto come da tempo non mi succedeva.

la pesca miracolosa pressappoco continua per tutti.

prendo ad allontanarmi per raggiungere i miei colleghi quando il pescatore fortunato mi chiama per salutarmi e ringraziarmi con uno shokran. il grazie più divertito degli ultimi giorni accompagnato da un affamatissimo e splendente sorriso.

è stato più forte di me. tornato indietro verso di lui gli ho regalato una pacca sulla spalla augurandogli buon appetito.

anche questa notte i fuochi degli accampamenti dentro lampedusa saranno accesi e questa volta profumati da qualche cefalo pescato in porto.

lampedusa.  anche questa. e generosa anche in questo.

salam anche a voi!

cliccando qui puoi leggere la prima corrispondenza da lampedusa

  • Walter |

    Allah Akbar!

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