scarpe, stracci, bottiglie, barattoli ricoperti di terra.
quelli che sembrerebbero stupidi rifiuti diventano testimoni dell’alluvione che nel 1966 travolse firenze e il bacino dell’arno e di cui domani, 4 novembre, si ricorda il 45° anniversario insieme con l’alluvione di venezia.
la notizia merita.
facendo gli scavi nell'argine dell'arno per la posa di una conduttura di oltre 7 chilometri, nel terreno sono stati trovati oggetti vecchi e incrostati.
bottiglie di vetro, scarpe sformate, stracci.
si chiesero: rifiuti?
analizzando i materiali: no.
sono gli oggetti di uso quotidiano che il 4 novembre del '66 la piena dell'arno strappò dalle case dei fiorentini e depositò nell'argine.
quegli oggetti sono diventati una piccola mostra.
appena una teca, un'espositore.
ma quanto basta.
lo racconterò più sotto nel dettaglio.
prima, una considerazione.
lo stesso giorno, quel 4 novembre del 1966, le due capitali italiane dell'arte e della cultura sparirono sott'acqua.
i danni maggiori sembrarono per firenze.
i danni maggiori invece furono per venezia: la città cominciò a spopolarsi. in modo continuo.
il centro storico aveva 120mila abitanti, ora se ne contano meno di 50mila.
le fabbriche abbandonarono la città (la giudecca aveva stabilimenti di ogni tipo), e con esse partirono gli abitanti.
in gran parte si trasferirono a mestre o marghera, che sono frazioni (enormi) del comune di venezia, il quale nel complesso conta circa 300mila abitanti.
il fenomeno continua ancora oggi.
l'alluvione di venezia non fu la causa dell'agonia della città (la causa è il cambiamento industriale e massificato della società) ma ne fu lo spartiacque.
ne nacque la legge speciale per venezia di cui il cosiddetto mose (o progettone) ne è l'esito.
io (veneziano) del 4 novembre '66 conservo un ricordo, bambino.
scendendo le scale, acqua iridescente di gasolio impediva di uscire di casa.
cielo grigio, pioggia, acqua più alta di me.
freddo.
ma torno ai reperti riemersi dal fango di firenze.
grazie a una teca, realizzata da publiacqua in collaborazione con lo studio fiorentino di architettura rrs-studio, e presentata stamattina dal presidente di publiacqua erasmo d’angelis e dal presidente del consiglio comunale di firenze eugenio giani, è stata ricuperata la memoria di quegli oggetti sommersi dal fango e rimasti interrati nelle rive dell’arno.
l’idea della teca è nata durante i lavori del progetto “emissario riva sinistra d’arno” (ersa) con cui publiacqua sta realizzando una conduttura fognaria che renderà firenze la prima area metropolitana depurata al 100%.
nel corso degli scavi per posare la tubatura sono cominciate ad affiorare dal sottosuolo piccoli depositi di materiale dispersi lungo gli argini del fiume.
sembravano le discariche che succede a volte di trovare durante gli scavi.
ma analizzando gli oggetti interrati si è capito che non si trattava di semplici rifiuti urbani, ma di residui depositati dall'acqua nei giorni dell’alluvione, là dove la corrente faceva mulinelli, e rimasti intatti per 45 anni.
gli oggetti sono stati così selezionati e inseriti in una teca per testimoniare quanto avvenuto in quei giorni e far riaffiorare la memoria dell’alluvione e l’impegno dei fiorentini, degli "angeli del fango" e del mondo intero per far rinascere la città.
nell’osservare quei rifiuti, esposti da oggi fino all’11 novembre nel cortile della dogana a palazzo vecchio, la prima cosa che salta agli occhi è la tipologia dei materiali.
anziché le bottiglie di plastica e i barattoli d’alluminio così comuni nei rifiuti di oggi, vi si trovano barattoli di vetro e bottiglie ancora pensate per il vuoto a rendere.
le scarpe di cuoio hanno uno stile semplice ma sono fatte resistere all’uso e al tempo.
“quella di firenze è stata la prima alluvione globalizzata che commosse e mobilitò il mondo e lo stupì con l’arrivo degli angeli del fango – spiega erasmo d’angelis, presidente di publiacqua che è riuscito a rintracciare gli angeli del fango e ha promosso il raduno internazionale nel salone dei cinquecento il 4 novembre del 2006 – i primi ricordi di tutti sono quelli della marea d’acqua e fango che sommerse la città trascinando con sé tutto ciò che c’era tra abitazioni, botteghe, officine, librerie, negozi. la storia di quei giorni è fatta anche di migliaia di piccoli episodi, di salvataggi e di solidarietà e con questa teca vogliamo innanzitutto ricordare e riscoprire una memoria dell’alluvione fatta di piccole cose”.
la teca rappresenta anche un messaggio positivo per il futuro.
l’emissario in fase di realizzazione, infatti, è una delle opere idrauliche più importanti del nostro paese perché consentirà di raccogliere tutte le acque sporche della riva sinistra dell’arno scaricate da 14
0mila persone, ripulendo finalmente il fiume.
a questo si aggiungono opere accessorie in grado di aumentare la sicurezza dalle alluvioni e l’efficienza del sistema fognario cittadino anche in caso di piene eccezionali.
“il messaggio contenuto nella teca e che vogliamo rilanciare – aggiunge d’angelis – è un allarme per la sicurezza dalle alluvioni. 45anni dopo, firenze e il suo hinterland non sono ancora al sicuro. è scandaloso ciò che ha denunciato gaia checcucci, segretaria generale dell’autorità del bacino dell’arno, impegnata in un ottimo lavoro di pianificazione e vigilanza. non si riescono a spendere da anni per le casse di espansione ben 105 milioni di euro. eppure sono le opere in grado di salvare firenze da una piena tipo 1966. cantieri e lavori sono bloccati perché mancano progetti, spesso le firme di 19 enti, intese con autostrade e anas. ma stiamo parlando di aree esondabili indispensabili per fermare la furia dell’arno a monte della città. non è accettabile che accada questo proprio mentre i cambiamenti climatici hanno aumentato le frequenze devastanti di eventi estremi come i flash flood, le alluvioni lampo, le bombe d’acqua concentrate nel tempo e negli spazi. le ultime tragedie delle cinqueterre e della lunigiana sono un monito. bisogna – conclude d’angelis – saper guardare al futuro con lo stesso spirito che ci ha spinto a realizzare il progetto per restituire a firenze un arno pulito e balneabile”.
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