oggi, venerdì 20 ottobre 1944, sole, uno dei bombardieri statunitensi destinati a distruggere le fabbriche a nord di milano ha sbagliato rotta. è sufficiente un filo di vento di lato, una brezza che senti appena appena, e l’aereo quando deve sganciare si trova qualche chilometro più in qua o più in là. invece degli stabilimenti della breda, trova la scuola elementare di gorla.
è la scuola di gorla, oggi comune di milano, tra via palmanova e via padova.
in questo articolo userò il passato remoto e il presente storico, senza osservare la sintassi corretta che chiedevano ai piccoli i maestri della scuola francesco crispi di gorla.
i maestri di quella scuola avrebbero segnato questo articolo con tratti e cancellature di matita rossa-e-blu.
ai loro alunni, questi che vedi in questa foto, avrebbero rimesso le maiuscole che qui non leggi; e avrebbero tolto le ripetizioni.
più di 180 bambini morti.
li hanno allineati, i corpi. eccoli.
a gorla la scuola elementare francesco crispi accoglieva tutti i bambini del quartiere operaio, figli di operai, artigiani, impiegati; negozianti.
c’erano i doppi turni perché di pomeriggio entravano anche i piccoli delle case della fondazione crespi morbio, più poveri, che a sollievo delle famiglie potevano godere anche della refezione scolastica comunale.
al comando generale della 15a air force da mesi, dal febbraio 1944, giaceva un’informativa della raf secondo cui gli stabilimenti meccanici e siderurgici a nord di milano producevano a tutta manetta.
ingranaggi per camion, spolette per bombe, pneumatici fuoristrada, otturatori di mitragliatrici e così via.
tutto quello che serviva all’industria tedesca per continuare a combattere.
la breda lungo viale sarca e il distaccamento che produceva parti d’aereo all’aeroporto di bresso, l’alfa romeo al portello dietro a viale certosa, l’isotta fraschini di via monte rosa 91 dove poi sarà costruita l’italtel e infine l’attuale sede del sole 24 ore, la pirelli alla bicocca.
il rapporto non sapeva che queste fabbriche in realtà avevano decentrato gran parte della produzione fuori, nelle fabrichète lombarde o addirittura in germania dove erano state trasferite maestranze.
né considerava, il rapporto, le acciaierie e ferriere lombarde falck e la caproni (produttrice di aerei), che invece producevano davvero a pieno regime.
si decise una pesante incursione che distruggesse gli impianti.
la data decisa era venerdi 20 ottobre 1944.
la pianificazione dell’air force non poteva immaginare che quella mattina a milano c’era il ministro tedesco degli armamenti, albert speer in visita per controllare la produzione bellica dello stato fantoccio della rsi, ormai principale polo industriale per la guerra nazista.
furono incaricati della missione tre bomb group dislocati nelle basi pugliesi:
38 aerei b24 del 461° gruppo diretti sull’isotta fraschini di via monte rosa,
29 aerei b24 del 484° per gli stabilimenti alfa romeo del portello,
36 aerei b24 del 451° gruppo verso la breda di milano viale sarca-sesto san giovanni.
in tutto 103 fortezze volanti quadrimotori con rotta su milano per effettuare il più grande bombardamento sulla zona dopo gli attacchi dell'agosto 1943, quelli che smantellarono la scala, mandarono in frantumi la galleria vittorio emanuele, spianarono i cortili dell’università statale, distrussero un terzo di milano e macellarono migliaia di persone.
una missione facile.
debole la contraerea su milano (i bombardieri la chiamavano la grande pantegana, piatta e facile sulla pianura padana), gli aerei da caccia tedeschi erano tornati a difendere la germania, l’amr, aeronautica repubblicana di salò, era generosa nell’eroismo disperato ma debolissima per mezzi.
mi raccontava un conoscente che nei bombardamenti dell’agosto ’43 lui, studente di ingegneria, era comandato in caso di allarme a salire sul tetto della casa dello studente, quella che c’è ancora in stile littorio all’incrocio fra viale romagna e via pascoli, e mettersi alla mitragliera antiaerea che stava sul tetto.
non è vero che gli aerei sganciavano da altissima quota – mi raccontò – perché scendevano a poche centinaia di metri da terra, e ricordo che quando sparavo nel mirino della mitragliera sul tetto della casa dello studente io vedevo nel buio della notte lampeggiare sotto i riflettori antiaerei e le esplosioni le sagomette in controluce dei piloti e dei mitraglieri.
così mi diceva.
alle 7,58 di venerdì 20 ottobre gli aerei del 451° decollarono da castelluccio dei sauri, nel foggiano, diretti verso sesto san giovanni.
gli altri, aerei del 461° e del 484° gruppo, arrivarono sul bersaglio senza particolari problemi.
sul portello e su via monte rosa piovvero le bombe come grappoli d’uva, spianando le fabbriche e le case della zona fiera.
il 451° ebbe una storia tutta diversa.
la formazione di attacco prevedeva che i 36 aerei fossero disposti su due ondate di 18 composte da tre file di 6 aerei a V, anzi ad A.
a bordo ogni b24 aveva 10 bombe da 220 chili.
dal momento dello sgancio, il tempo di caduta da un'altezza di 33mila piedi, 10mila metri, era calcolato in 180 secondi, tre minuti per toccare terra.
una missione segnata dalla sfiga. soprattutto per chi era a terra, sotto le bombe.
segnata dalla sfiga fino dalla partenza: poco dopo il decollo un aereo tornò in aeroporto per problemi meccanici.
gli altri 35 volarono sull’italia dalla capitanata al milanese alla velocità di 160 miglia orarie e arrivarono su milano poco dopo le 11.
a terra gli allarmi urlavano in tutta la città, la gente correva nei rifugi, cioè in cantina.
l'urlo delle sirene di allarme per l'avvicinarsi di formazioni di bombardieri era una realtà quotidiana.
appena gli aerofoni percepivano l'arrivo di aerei sulla regione, veniva suonato il piccolo allarme, se poi gli aerei si dirigevano verso un bersaglio preciso, sulla zon
a minacciata suonava il grande allarme e tutti i cittadini dovevano essere già nei rifugi.
di prefettura in prefettura, le telefonate segnavano il percorso dei bombardieri sui cieli dell’italia.
chi aveva un negozio o un'officina doveva chiuderlo in tutta fretta mettendo al sicuro la merce per evitare sciacallaggi; chi era in casa doveva preparare tutto il necessario (cibo, acqua, coperte) per una permanenza che poteva durare ore. i malati dovevano essere portati nei rifugi a spalla. i bambini piangevano.
a milano il piccolo allarme sonava due o tre volte al giorno, ma gli alleati non colpivano milano da settimane; così si ignorava il piccolo allarme.
quella mattina il piccolo allarme fu dato dalla prefettura alle 11,14, quando gli aerei erano appena entrati nel cielo della lombardia.
dopo un largo giro da destra fin quasi sulla svizzera, gli aerei raggiunsero l'i.p. e cioè l'initial point, un punto evidente e riconoscibile da tutti i piloti a circa 4 chilometri a ovest del bersaglio.
da lì si faceva la rotta finale per l’attacco.
armate le spolette.
cominciava la corsa d'attacco.
rotta sulla breda.
alle 11,14, quando aveva suonato il piccolo allarme, nella scuola di gorla le maestre cominciarono a preparare gli alunni per scendere nel rifugio.
altre andarono dalla direttrice: quelle sirene sono il piccolo allarme oppure il grande allarme perché non abbiamo sentito il piccolo allarme?
già il primo gruppo sbagliò.
il group leader, l'aereo di testa del box centrale della prima ondata, a causa di un corto circuito al pulsante di lancio sganciò fuori bersaglio il carico, imitato dai componenti degli altri box; le bombe caddero quindi in aperta campagna nella zona di saronno.
il grande allarme sonò alle 11,24.
maestri e maestre fanno scendere per le scale della scuola crispi di gorla; ordinati con i grembiulini, chi con la gamella con la merenda, chi è già giù in cantina, cinguettare di bambini e voci di maestri e maestre, presto, presto.
quel disordinato del maestro modena è ancora nell’aula con la classe che si sta preparando per scendere al rifugio.
la sua classe quinta è al pianterreno, non bisogna fare le scale per scendere al rifugio.
all’ingresso della scuola arriva qualche madre in lacrime: via, torna a casa – dicono i genitori, vogliono portare a casa il loro figlio.
per le vie di milano e di gorla c’è il delirio di gente che corre di qua e di là, per allontanarsi.
finestre e porte sbattono, richiami, rumore di serrande che si abbassano.
sbagliò anche il secondo gruppo.
la seconda ondata che seguiva dopo alcuni minuti, raggiunto l'i.p. allineò una rotta di attacco deviata di 22 gradi verso destra invece che verso sinistra; quando il leader si accorse dell'errore ormai non si poteva correggere e la breda era già lontana.
ordine, rientrare alla base considerando fallita la missione della seconda ondata.
ecco l’errore di rotta evidenziato in questa foto scattata da uno dei b24
rimaneva il problema del carico: non si poteva più atterrare a foggia con in pancia dieci bombe già innescate in ogni aereo.
si poteva andare per 140 gradi e liberare in aperta campagna, oppure scaricare in adriatico come si faceva spesso, ma il comandante decise diversamente.
ordinò ai bombardieri di sganciare le bombe subito, sulla città, sulle case di milano, sui quartieri che vedeva lassotto. erano precotto e gorla, ma quelli lassù nel cielo non sapevano i nomi.
qui vedi gli obiettivi dei due gruppi e dove invece sono cadute realmente le bombe.
i vetri tremano per i 150 immensi motori stellari.
si vedono gli aerei nel cielo, proprio sopra precotto e sopra gorla.
e quei puntini neri, bombe! qui!
gli abitanti di gorla e precotto correvano, presto arrivano le bombe.
molti bambini della scuola scapparono dall’ingresso per correre verso casa.
le bombe sganciate alle 11,27 toccarono terra alle 11,29, quindici minuti dopo il piccolo allarme e cinque minuti dopo il grande allarme.
l'abitato di gorla fu spazzato da oltre 37 tonnellate di esplosivo.
la gente svolava a pezzi, le strade erano divelte, esplodono i vetri delle finestre anche se ricoperti di carta gommata, le case si sgretolavano sui rifugi in cantina in cui si ammassavano terrorizzati i gorlesi e anche diversi bambini scappati da scuola con l’allarme.
i bambini della scuola sono accalcati sulle scale, spingono alla porta stretta del rifugio nella cantina o sono già sotto, insieme a padri usciti dal negozio, a madri accorse alla crispi, a maestre maestri bidelli.
una bomba sfonda il tetto della crispi sopra la tromba delle scale.
esplode nella tromba delle scale.
i muri crollano sul rifugio.
si salvano solamente i ragazzini ritardatari della quinta del maestro modena.
suona il cessato allarme, la polvere si abbassa, arrivano i pompieri e i soldati della guardia nazionale repubblicana e dell’unpa, la protezione antiaerea. si scava circondati da genitori disperati attorno alle macerie, i badili non bastano e si prendono quelli di didoni che ha il negozio di ferramenta.
i morti accertati furono 614 in tutta milano fra i quartieri attorno alla fiera e i rioni di precotto e gorla, di cui quasi un terzo nella scuola crispi di gorla, altri sparirono dissolti.
migliaia i senzatetto.
si tentò nei giorni successivi una nuova missione sulla breda, ma c’era maltempo e non si fece più nulla.
la strage di gorla ebbe risonanza internazionale, e suscitò rabbia e indignazione anche fra gli italiani già liberati, cioè mezzogiorno e centro italia.
manifesti sui muri dove si vedono i piccoli scolari sorpresi dalla morte portata dal cielo, e questi sarebbero i liberatori.
nessuno venne mai chiamato al banco degli imputati.
l'unico commento odiosamente cinico venne dal colonnello stefonowicz della 49a wing, da cui dipendeva il 451°, il quale criticò con durezza il gruppo da bombardamento per il danno d'immagine.
ripeto. per il danno d’immagine.
(per saperne di più: http://www.piccolimartiri.it/p03.htm)
nota aggiunta il 22 ottobre.
leggendo con attenzione la fotografia aerea della missione di bombardamento scattata da 22mila piedi di altitudine, mi sono sorti alcuni dubbi sulla dinamica dell'errore (o crimine di guerra?) dei bombardieri statunitensi.
l'immagine mostra un grande 8, cioè l'obiettivo dei bombardieri.
la prima ondata avrebbe dovuto colpire, con rotta 118°, gli impianti meridionali del complesso della breda, cioè la parte bassa dell'8.
la seconda ondata avrebbe dovuto colpire, con rotta che a occhio stimo sui 90°, i capannoni nord dello stabilimento.
si notano le bombe rilevate dalla foto aerea: con un cerchietto quelle del primo gruppo, con un puntino le bombe sganciate dalla seconda ondata su gorla e precotto, cioè del tutto fuori dall'obiettivo.
i testi che ho consultato, e di cui ho riportato la sintesi qui sopra, dicono che la prima ondata non riuscì a sganciare, per un'avaria sul comando di lancio dell'aereo capogruppo, e che liberò in campagna verso saronno, e che il secondo gruppo di bombardieri si accorse di essere fuori rotta e decise di andare per 140° per il ritorno.
guardando la mappa, secondo me almeno alcuni aerei del primo gruppo riuscirono a bombardare. conto una ventina di bombe (cerchietti) sulla zona della breda, in parte fuori obiettivo.
alcune bombe arrivarono sullo stabilimento, ma la maggior parte si disperse sulle case attorno a viale sarca, nell'area dove adesso c'è il multisala bicocca, attorno alle case di via bignami e via chiese, nella zona di viale fulvio testi (il vialone a otto corsie si stringeva più o meno all'incrocio con via beccaro e da lì continuava in forma di strada ordinaria).
una ventina di bombe rilevate significa che 3 o 4 fortezze volanti (10 bombe a testa, diverse quelle quali arrivate a terra non esplodevano) sganciarono effettivamente, forse su ordine radio del capogruppo impossibilitato a scaricare per l'avaria.
l'ordine via radio, eseguito dagli ultimi aerei della formazione, potrebbe spiegare l'imprecisione della rosa di sgancio, anticipata rispetto a un lancio preciso.
è una mia ipotesi, ve'.
guardando la mappa, penso che all'inizio della manovra di bombardamento il secondo gruppo avesse sbagliato rotta allineandosi già dall'initial point per 140° (verso sud-est) invece che per 90° (est), come se la rotta 140° non fosse quella d'uscita per il ritorno ma quella (sbagliata) di bombardamento.
provo a immaginare in che cosa consistesse l'errore del capogruppo della seconda ondata, che portò alla strage di gorla.
arrivando da ovest, e notando il fumo del passaggio della prima ondata, il leader potrebbe aver pensato di dover colpire un chilometro più a sud del primo gruppo, anziché un chilometro più a nord, come se fosse rovesciato l'8 formato dai due bersagli della breda.
in questo caso, il comandante potrebbe aver allineato su rotta 140° (anzichè 90°) basandosi sul fumo e sulla scia della prima ondata, e potrebbe essersi accorto che l'area da colpire era due chilometri più a nord quando ormai era troppo tardi per correggere verso la breda.
a quel punto il comandante diede l'ordine di sgancio su qualcosa che potesse sembrare in qualche misura un obiettivo, cioè l'abitato che stava per passare sotto al muso dell'aereo capogruppo.
sulla mappa si possono contare un'ottantina di puntini (le bombe rilevate dalla foto dell'aereo orsservatore) soprattutto nella zona di viale monza (una testimone raccontò: le rotaie del tram in mezzo a viale monza erano divelte e attorcigliate come quelle di un ottovolante) fra piazza martesana, via don guanella, via cislaghi, via apelle.