questo è un motore da 1.8 (intendo: 1,8 milioni di cc)

io non so se questo è il motore più grande del mondo. però è davvero grande.

il monoblocco. la persona che si intravede a destra dà idea delle dimensioni

il monoblocco. la persona che si intravede a destra dà idea delle dimensioni

ho visto l’altro giorno nello stabilimento wärtsilä grandi motori trieste le linee di montaggio dei motori 12 e 18 cilindri a v di cilindrata 1.8.

la cilindrata 1.8 non è espressa in centimetri cubici.
la cilindrata di questi motori è di 1.8 milioni di centimetri cubici.
potenza, circa 24.500 cavalli.

i pistoni hanno mezzo metro di diametro (“alesaggio”).
il motore è “quadro”.

20140927_112232

i pistoni hanno mezzo metro di diametro: ecco il set di pistoni in lavorazione

il numero di cilindri può essere fra 12 e 18, secondo il desiderio del cliente.

le bielle sono alte un metro e mezzo

un set di bielle

un set di bielle

sono motori da nave, oppure si usano come generatori elettrici, e possono bruciare non solo nafta ma anche metano.
la wartsila, che è finlandese, ha concentrato qui, a trieste, gran parte della produzione.
questi motori muovono le super-petroliere e le navi da guerra, le portatainer di dimensione clamorosa e le navi da crociera più vistose.

20140927_114807[1]

un albero motore

lo stabilimento wärtsilä grandi motori di trieste è a ridosso del confine con la slovenia, a un passo da muggia.
eredita l’esperienza delle officine sant’andrea di trieste e fu costruito negli anni ’70 dalla fiat – spianando una collina, a quei tempi si poteva – perché lo stabilimento grandi motori di torino-stura (ex ansaldi, da non confondere con l’ansaldo di genova) non aveva né spazio né i collegamenti che questa produzione rende necessari.
per esempio a torino non c’è il mare.

20140927_104817

foto d’epoca nel porto di trieste ancora austroungarico: il carico di un motore delle officine meccaniche sant’andrea

i grandi motori sono grandi anche nel fascino.

è rimasto catturato dal fascino di questi motori colossali anche il collega e amico mario cianflone, che per le sue pagine di motori24 ha pubblicato una ponderosa (nel senso di tonnellaggio) fotogallery, che puoi ammirare cliccando qui.

ecco qualche passo dallo zibaldino di giovanni guareschi, scrittore geniale e garbatissimo che creò i personaggi di don camillo e peppone.
(se queste citazioni sono sottoposte a copyright, mi avvisi che le toglierò subito).

il guaio è che la pasionaria ha una spiccata passione per la meccanica pesante, tanto è vero che,
volendola premiare per il suo irreprensibile comportamento durante la campagna elettorale, ho
pensato di portarla a visitare il reparto «grandi motori» della fiat e ho appunto chiesto una
autorizzazione in merito alla presidenza della fiat.

20140927_104804

foto d’epoca: lo stabilimento grandi motori di cui giovanni guareschi fa cenno in queste righe


la pasionaria, dunque, interessandosi di meccanica pesante, appena vede qualche arnese di metallo
che sia più alto di due metri, si ferma e chiede informazioni.
«cos’è?»
«un motore diesel.»
«perché?»
ecco il punto: ecco il guaio. perché un motore diesel è un motore diesel?
quando poi uno ha superato il tremendo “perché” arriva il resto.
«come si chiama?» «chi è suo padre?» «dove abita?» «è cattivo?»
adesso io non posso continuare questa elencazione. il fatto è che la pasionaria vuol sapere tutto di
una macchina, anche se sa scrivere e leggere, se ha dei fratelli, eccetera.
non è ancora arrivata a domandarmi informazioni sulla moralità di una macchina, ma davanti a un
pressaforaggi la pasionaria si è informata: «è comunista?».
cosa questa che ha fatto intervenire margherita, la quale ha tagliato corto: «basta! i bambini non
devono fare della politica!».
ora, stando così le cose, si comprende come sia una impresa da far rabbrividire il visitare la fiera
assieme alla pasionaria. perché, come dicevo, la pasionaria si interessa delle cose più inaspettate.

visitammo la fiera campionaria. rimanemmo mezz’ora a guardare a bocca aperta il giovanotto in
tuta che manovrava l’arnese: letto, divano, poltrona; poltrona, divano, letto: due secondi da una
trasformazione all’altra. una faccenda meravigliosa, commovente, entusiasmante.
a un tratto margherita sospirò.
«ecco» disse: «secondo me sarebbe una pazzia spendere novecentomila lire per comprare, per
esempio, quel motore diesel di centoventi hp che abbiamo visto nel padiglione della meccanica.
ma spenderne diciassettemila per comprare una poltrona-letto come questa non mi sembrerebbe per
niente una cosa irragionevole.»
«certamente» risposi io. «una poltrona-letto come questa, oltre al risparmio notevole che si
realizza, può esserci molto più utile di un motore diesel di centoventi hp.»
così comprammo la poltrona-letto, e dopo soli tre mesi, grazie all’intervento

una sagoma rappresentava un motore diesel e un’altra sagoma più avanti raffigurava di spalla un
vecchio operaio in tuta, che, la mano sinistra appoggiata sulla spalla di un giovane operaio in tuta,
con la destra indicava un cartello giallo appeso al motore diesel: sul cartello giallo stava scritto
«lubrificazione reinach». non è una espressione particolarmente poetica, ma il quadretto era così
affettuoso e sereno da far rimanere perplessi.
eravamo io e margherita e sostammo a lungo a guardare la scenetta. alla fine margherita sospirò
profondamente: «lubrificazione reinach… che nobile espressione! così si deve parlare agli operai,
non inviperirli, non aizzarli contro i dirigenti di fabbrica».
margherita, quando dice cose come questa, non vuol fare dell’umorismo, perché bisogna tener
presente che le parole hanno spesso due significati: un significato letterale e un significato
sentimentale. la prima volta che io e margherita piovemmo a milano fu di sera e, arrivati in piazza
del duomo, ci sedemmo sul gradino del monumento a guardare le insegne luminose. e la prima che
ci sfolgorò davanti agli occhi diceva: «calzaturificio di varese». la guardammo a lungo e poi,
ricordo, margherita sospirò: «”calzaturificio di varese”… la poesia della metropoli! come ci si
sente meravigliosamente soli in mezzo a questa immensa folla rumorosa e tumultuosa…».
margherita ha il pregio di afferrare il significato sentimentale delle parole, e oggi, quando vede
scritto da qualche parte «calzaturificio di varese», sospira: «”calzaturificio di varese”… era
un’altra milano, giovannino, era la prima milano della nostra vita e ci si sentiva in molti di più
essendo soltanto in due, che adesso che siamo in quattro».
dopo la lubrificazione reinach vedemmo altre cose, e c’era un albero a gomito per motonave, un
enorme monumento d’acciaio.
noi avevamo visto forse un milione di oggetti, ma proprio davanti allo smisurato arnese d’acciaio la
pasionaria si fermò e disse: «compramelo». ci fu da discutere parecchio e riuscii a tacitare la
pasionaria soltanto comprandole un carburatore per moto 125.
«ha una spiccata disposizione per la meccanica», osservò margherita. «forse ne potremo cavare
una buona fuochista delle ferrovie. alle volte è meglio che un figlio sia un buon fuochista piuttosto
che un mediocre avvocato. e poi così uno viaggia, vede, impara.»
anche a casa il carburatore continuò a interessare vivamente la pasionaria, che si appartò per
analizzare il meccanismo. prima di addormentarsi nel letto grande mi chiamò e, con molta
discrezione, mi comunicò il risultato delle sue indagini sul carburatore. «si chiama giacomo e
quando è grande farà il dottore. non ha più la mamma, e il suo papà è in prigione perché ha rubato
un chilo di pane e un etto di salame.»
margherita fu molto colpita dal fatto. «qui se non si attua la giustizia sociale scoppierà una
rivoluzione. non è giusto che un poveretto debba andare in galera perché ha dovuto rubare per fame
un chilo di pane e un po’ di salame.»
ribattei che qui si trattava del padre del carburatore.
«non ha importanza: la fame è uguale per tutti, non possono esistere differenze di classe davanti
alla fame.»
appoggiò il capo sul guanciale, ma poi ebbe un dubbio e mi richiamò. «secondo te, non ci sarà poi
il pericolo che saragat si metta pure lui a deportar gente in siberia?»
«lo escludo, margherita.»
«questo mi tranquillizza molto» rispose margherita rimettendo giù la testa e chiudendo gli occhi.
la pasionaria la guardò con palese disgusto, poi scosse il capo. «è invidiosa perché mi hai
comprato giacomo e a lei niente», sussurrò. poi col dito scostò leggermente il labbro superiore di
margherita.
«vedi?», mi disse la pasionaria. «ha un dente di latta. e poi è anche zoppa.» la ringraziai delle utili
informazioni, e me ne andai dopo aver sospirato sulla triste sorte di giacomo il carburatore.

questo bel video descrive lo stabilimento e le produzioni; c’è anche un’intervista con il presidente sergio razeto.

  • Jacopo Giliberto |

    grazie delle precisazioni, ingegnere.
    faccio ammenda sullo stabilimento grandi motori di torino: in via cuneo, afferma l’ingegnere; non a torino stura.

  • GUGLIA ALBERTO |

    I motori di grande diametro non si misurano in cmq m in base al diametro del cilindro espresso in centimetri (Wartsila, Sulzer, MAN) o in millimetri (FIAT e GMT). Quello nell’immagine è un W46.
    Il numero minimo dei cilindri è 6.
    I motori a 4 tempi non muovono le superpetroliere che invece adottano motoria 2 tempi di più largo diametro. Il motore più grande del mondo è stato il GMT 1060 (MM di diametro) a 10 cilindri.
    Non si usa l’espressione “navi da guerra”, ma navi militari.
    L’esperienza è derivata sì dalla Fabbrica Macchine Sant’Andrea (1850 circa) ma anche dalla Fiat Grandi Motori di Torino che aveva il suo stabilimento in Via Cuneo 20. Il piccolo reparto di Stura era dedicato alle prove di motori sperimentali di grande diametro come il citato 1060. Il riferimento che a Torino non c’è il mare è fuorviante avendo fornitola FIAT motori per uso marini fin dagli inizi del ‘900.
    Ing. Alberto Guglia, già dirigente GMT e Wartsila responsabile delle prove motori in sede e nel mondo.

  Post Precedente
Post Successivo