lo scalpo dell’operaia
a spinea, nella terraferma veneziana, ormai vecchi vivono con la dignità della pensione l’operaio brugnaro ferruccio e la moglie, cattolicissima e dolcissima, maestra delle elementari.
(della moglie, che non ha attività pubblica, per naturale riservatezza non scrivo il nome).
il brugnaro ferruccio vide il dolore operaio, il dolore vero che oggi molti faticano a immaginare.
una volta un macchinario in fabbrica catturò, scivolata la cuffia, i capelli lunghi di un’operaia, tirò nella morsa d’acciaio la chioma mentre lei urlava con un grido senza voce e strappò lo scalpo lasciando la donna con il cranio scoperto.
il brugnaro ferruccio era lì, e urlava dentro di sé.
(è un tipo di incidente terribile non rarissimo. per esempio nel 2010 è accaduto a un’operaia nel padovano. clicca qui per leggere l’oscena notizia)
la poesia che segue non è correlata con il terribile episodio descritto qui sopra.
o forse sì, forse è correlata.
l’ho sentito implorare con durezza
l’aria oggi puzza di uova marce
è infetta
di tetraetile idrocaburi
catrami.
ho raccolto dal cemento ora
un minuscolo uccello
rosso grigio
tutto tremante
ha gli occhi quasi chiusi
e il becco pieno
di schiuma verdastra.
forse ha mangiato
qualche granulo
di zolfo
forse qualche altro veleno
terribile.
l’ho sentito implorare
la mia mano
con durezza
l’ho sentito piangere
a dirotto
come un cielo
scrosciante
senza nessuna
risposta.
dentro la mia mano
ho toccato con ampiezza
in silenzio
tutto il dolore
lo spegnersi
e il vivere
straziante
inesorabile.
mi è stata gettata nel profondo
oggi
una domanda d’amore
di luce
che non può essere
nascosta da nessuna
parte.
ho scoperto oggi
tutto un mondo.
di uomini fiori animali
ho scoperto
resistenze
tenacie
gioie segrete e pazze
che non si sottometteranno
neanche se bombe e missili
cadranno
da tutte le latitudini
più fitte
della neve
delle notti
d’inverno.
il poeta
il brugnaro ferruccio, nato nel ’36, studi modesti ma cultura importante di vasta semplicità, fu un poeta operaio di marghera dal pensiero potente.
lavorò alla montedison e alla montefibre.
nel ’65 aveva cominciato a girare per marghera e mestre con le sue poesie su ciclostile; le distribuiva nelle scuole, nei picchetti sindacali, in fabbrica.
le poesie di brugnaro ferruccio sono nelle antologie della letteratura italiana contemporanea.
negli anni ’70 le sue opere erano usate come testi dai cantautori.
le poesie erano di stimolo per il movimento sindacale.
poi l’editore bertano ha cominciato a pubblicarle. vogliamo cacciarci sotto (1975), dobbiamo volere (1976), il silenzio non regge (1978), stelle chiare di queste notti (1993).
tradotto e pubblicato in spagna (per esempio no puedo callarte estos dìas, 2004), francia, inghilterra, stati uniti (tra le molte edizioni statunitensi, ecco portrait of a woman del 2005) a cura di grandi poeti.
qui la scheda che wikipedia dedica alla biografia di brugnaro ferruccio (clicca qui).
non so se le poesie di brugnaro ferruccio che riporto hanno copyright; nel caso, mi venga segnalato.
verde e ancora verde
c’è una casa a portomarghera
sotto le ciminiere
che un uomo
e un ragazzo
dipingono e ridipingono
continuamente.
una volta lo fanno verde intenso
una volta verde chiaro
una volta verde
luminoso
che si vede anche
di notte
da molto lontano.
non si stancano mai
la fanno verde
e ancora verde
e poi verde
come il colore dei prati
come il colore degli alberi.
la fanno verde lucida
certe volte
come un sogno
straziante
tra gli sputi neri
delle fabbriche.
l’aprile è scomparso da portomarghera
la primavera
è morta
c’è solo
questa minuscola casa
che un uomo e un ragazzo
dipingono
e ridipingono
instancabilmente
tra canali di catrame
tralicci
bufere di polveri
micidiali
su ogni
germoglio
su ogni
segno
dolce
di movimento.
uomo di cultura profonda eppure semplice e popolare, brugnaro ferruccio non mette steccati di destra e di sinistra, e come pier paolo pasolini (poeta di cultura profondissima e semplice) sa amare anche quell’ezra pound che divenne idolo della destra fascista più arrogante. e una poesia di ezra pound, amantissimo di venezia fino a morirvene, colpì il brugnaro, la litania per venezia (o dieu, purifiez nos coeurs).
il sindaco
figlio di quel ferruccio poeta e operaio, e della maestrina cattolicissima e mite, che vivono da pensionati a spinea, il brugnaro luigi è architetto e imprenditore con la società di lavoro interinale umana.
appassionato di pallacanestro (la reyer).
il brugnaro luigi seppe mostrare una civiltà importante dentro sé, un carattere attento agli altri.
era lui, il brugnaro luigi, che giovane amò una donna toccata da un’invalidità dolce come un angelo, invalidità e donna che altri con un carattere più ovvio e superficiale avrebbero respinto.
è stato eletto sindaco di venezia. è questo il brugnaro luigi che appare oggi?
sindaco con presenza forte fino all’imbarazzo, carattere fumantino, ha fatto diverse cose interessanti.
ma – più di ciò che ha fatto – ha risonanza ciò che ha detto.
ha espresso pensieri discutibilissimi che sembrano contraddirlo.
con l’educazione “facciamo la differenza con gente che vive sugli alberi delle banane”
un gaypride a venezia? “una buffonata, il massimo del kitsch. vadano a farla a milano oppure sotto casa sua“.
gli immigrati? “maschi nullafacenti in giro, con le donne a rischio di essere violentate“.
per fare cassa il comune potrebbe vendere le opere d’arte, come la giuditta di gustav klimt o chagall. i collaboratori di brugnaro luigi dicono che dopotutto “si tratta di opere che non hanno nulla a che vedere con la storia di venezia“.
brugnaro luigi poi precisa: “non è stata decisa alcuna cessione di opere d’arte di pregio. sarà necessario procedere ad una verifica attenta e puntuale del patrimonio a disposizione, ma al momento non esiste alcun elenco. la situazione di bilancio di venezia è nota a tutti, per cui certamente c’è la volontà di fare un approfondimento in questo senso: in mancanza di altre risorse, la necessaria salvaguardia della città potrebbe anche dover passare attraverso la rinuncia ad alcune opere d’arte cedibili perché non legate, né per soggetto né per autore, alla storia della città”.
invitato all’assemblea della confindustria di vicenza (in veste di sindaco, e non di imprenditore veneziano) si lascia andare a una filippica contro il presunto complotto gender, suscitando la protesta di un imprenditore vicentino gay.
con una sua circolare nelle scuole veneziane “si chiede di voler raccogliere i libri “gender”, genitore 1 e genitore 2, consegnati durante l’anno scolastico e prepararli al fine del ritiro che avverrà al più presto da parte di un incaricato. con i migliori saluti”.
arriva una delegazione dell’unesco, agenzia onu della cultura che ha la caratteristica di non avere fondi da destinare alla tutela dei beni culturali. il brugnaro luigi chiede all’unesco di dare soldi a venezia.
sul tema del complotto gender il sindaco viene attaccato dal cantante inglese elton john, che ha casa (anche) a venezia. il brugnaro replica chiedendogli i soldi: “la sfido a donare risorse vere per salvare venezia. passiamo ai fatti, fora i schei“.
che è dell’uomo sensibile e spiritoso figlio di un uomo poveramente coltissimo?
dov’è nascosto?
perché emerge invece questa figura arrogante, aggressiva e becera?
penso che brugnaro luigi non abbia fastidio per la cultura, come invece alcuni sostengono.
no, penso che per brugnaro luigi, anche se parla e straparla di schei schei e schei (soldi), la cultura sia forse un fatto vivido e vissuto. almeno, lo spero.
posso sbagliarmi, ma immagino che forse il reattivo sindaco abbia fastidio per la cultura snob di quelli che brugnaro chiama intellettuali da strapazzo. intellettuali snob dichiarati spesso “di sinistra” ma forse conservatori più di brugnaro. per quanto valgano queste distinzioni in apparenza polverose.