storia. un secolo fa. i pensieri di mussolini prima di prendere il potere.

non ho mai imposto nulla a chicchessia.
ho accettato di discutere con tutti, anche con coloro che trattano la politica con una faciloneria sconcertante; anche con coloro che sono infettati da tutti i morbi maligni in diffusione cronica tra i vecchi partiti.

“il fascismo”, il popolo d’italia, 3 luglio 1919

 

 

il fascismo è anti-accademico.
non è politicante.
non ha statuti, né regolamenti.
ha adottato una tessera per la necessità del riconoscimento personale, ma potendo ne avrebbe volentieri fatto a meno.
non è un vivaio per le ambizioni elettorali.
non ammette e non tollera i lunghi discorsi.
va al concreto delle questioni.

“il fascismo”, il popolo d’italia, 3 luglio 1919

 

 

io non ho bisogno di ribattere l’accusa sciocca di volere essere una specie di padrone del fascismo italiano.
io sono “duce” per modo di dire.
ho lasciato correre questa parola, perché se non piaceva a me, che detesto le parole e le arie solenni, piaceva agli altri.
ma io sono un duce ligio al più scrupoloso pedantesco costituzionalismo. non ho mai imposto nulla a chicchessia.

“la culla e il resto”, il popolo d’italia, 7 agosto 1921

 

 

nei fasci si danno convegno spontaneamente tutti coloro che soffrono il disagio delle vecchie categorie, delle vecchie mentalità.
il fascismo mentre rinnega tutti i partiti, li completa.
nel fascismo che non ha statuti, che non ha programmi trascendenti, c’è quel di più di libertà e di autonomia che manca nelle organizzazioni rigidamente inquadrate e tesserate.

“la prima adunata fascista”, il popolo d’italia, 6 ottobre 1919

 

 

è naturale, quindi, che al fascismo convergano i giovani che non hanno ancora un’esperienza politica e i vecchi che ne hanno troppa e sentono il bisogno di rituffarsi in un’atmosfera di freschezza e di disinteresse.

“verso l’azione”, il popolo d’italia, 13 ottobre 1919

 

 

il 23 marzo sarà creato l’antipartito.

il popolo d’italia, 2 marzo 1919

 

 

per questo suo programma, non rivendica titoli di originalità.
di veramente originale non c’è nulla al mondo e oggi è specialmente impossibile essere originali in politica. né titoli di priorità. né monopoli.
siamo i primi a riconoscere che il programma non è perfetto e ci sarebbe facile tramutare questa introduzione in una critica.
facile perché è soltanto ad opera compiuta che si possono vedere i difetti e i pregi.

prefazione al programma, il popolo d’italia, 28 dicembre 1921

 

 

il nostro programma è in elaborazione e trasformazione continua; è sottoposto ad un travaglio di revisione incessante, unico mezzo per farne una cosa viva, non un rudere morto.

prefazione al programma, il popolo d’italia, 28 dicembre 1921

 

 

mentre rinnega tutti i partiti, li completa. non ha programmi trascendenti, c’è quel di più di libertà e di autonomia che manca nelle organizzazioni rigidamente inquadrate e tesserate.

“la prima adunata fascista”, il popolo d’italia, 6 ottobre 1919

 

 

ragionano in base a dei dogmi, in base a dei preconcetti assoluti, a degli ideali infallibili, ragionano sotto la specie della eternità per partito preso.
noi, essendo un antipartito, non abbiamo – si passi il pasticcio – partito preso.

discorso all’assemblea del fascio milanese di combattimento, sede dell’alleanza industriale e commerciale, milano piazza san sepolcro, 5 febbraio 1920

 

 

è una tipica creazione del popolo italiano, il quale è stufo di metafisiche oltremontane, ora russe, ora tedesche, e vuole trovare in sé la dottrina e la praxis del suo progresso verso forme migliori di vita e di civiltà.

“gridi di dolore!”, il popolo d’italia, 20 ottobre 1920

 

 

io non sono, non voglio essere, non sarò mai un padre eterno.

il popolo d’italia, 29 ottobre 1920

 

 

se da qualche tempo noi porgiamo il ramoscello d’olivo, non lo facciamo già perché ci siano degli elementi di retroscena politici e parlamentari che ci spingano a questo, perché noi siamo alieni a queste manovre e il parlamento ci interessa mediocremente e nel parlamento ci sentiamo discretamente a disagio.

dopo i fatti di sarzana, camera dei deputati, 22 luglio 1921

 

 

non è, non vuole essere, non sarà mai una ridicola, grottesca e sinistra congrega come sono i vecchi partiti e i frammenti dei vecchi partiti.

il popolo d’italia, 29 ottobre 1920

 

 

1 – Io non cerco nessuno.
2 – Io non respingo nessuno.
3 – la mia politica, chiara e netta, non può essere presa di fronte e meno ancora aggirata alle spalle.

lettera al giornalista sandro giuliani, redattore capo del popolo d’italia, 6 febbraio 1923

 

 

il fascismo è un movimento di realtà, di verità, di vita che aderisce alla vita.
è pragmatista.
non ha apriorismi.
né finalità remote.
non promette i soliti paradisi dell’ideale.
lascia queste ciarlatanate alle tribù della tessera.
non presume di vivere sempre e molto.
vivrà sino a quando non avrà compiuto l’opera che si è prefissa.
raggiunta la soluzione nel nostro senso dei fondamentali problemi che oggi travagliano la nazione italiana, il fascismo non si ostinerà a vincere, come un’anacronistica superfetazione di professionisti di una data politica, ma saprà brillantemente morire senza smorfie solenni.

“il fascismo”, il popolo d’italia, 3 luglio 1919

 

 

il fascismo è una mentalità speciale di inquietudini, di insofferenze, di audacie, di misoneismi, anche avventurosi, che guarda poco al passato e si serve del presente come di una pedana di slancio verso l’avvenire.
i melanconici, i maniaci, i bigotti di tutte le chiese, i mistici arrabbiati degli ideali, i politicanti astuti, gli apostoli che fanno i dispensieri della felicità umana, tutti costoro non possono comprendere quel rifugio di tutti gli eretici, quella chiesa di tutte le eresie che è il fascismo.
è naturale, quindi, che al fascismo convergano i giovani che non hanno ancora un’esperienza politica e i vecchi che ne hanno troppa e sentono il bisogno di rituffarsi in un’atmosfera di freschezza e di disinteresse.

“verso l’azione”, il popolo d’italia, 13 ottobre 1919

 

gli storici, gli esperti di politica antica e attuale, i cultori di genere e gli appassionati di politica troveranno nelle prossime righe vagonate di errori e carriolate di pessime interpretazioni. mi scuso con tutti loro, e pubblicherò volentieri le loro indicazioni se documentate e se condotte con appropriatezza.
in sostanza benito mussolini, terribile comunicatore istrionico e geniale proveniente dalla sinistra, per diventare dittatore seppe aggregare attorno a pochi concetti facili e un po’ confusi le tensioni di quella società spaventata dall’evoluzione velocissima. il movimento da lui fondato – grazie al finanziamento occulto del grande capitale – trovò diversi concetti che aggregavano il malcontento e la paura.  
per esempio: i trattati internazionali ci spolpano (soprattutto il trattato di pace di versailles: la “vittoria rubata”), le nazioni ricche e più industrializzate (francia, inghilterra) sfruttano la grande proletaria (l’italia), i partiti sono corrotti e incapaci, largo al nuovo, l’irruenza giovanile del fare contrapposta contro la corruzione dei vecchi, “me ne frego” e così via.
gran parte degli slogan e dei concetti erano ripresi dalla sinistra estremista, come la camicia nera degli anarchici (camicia nera=assenza di colore, quindi assenza di livrea e servitù), l’elmetto degli arditi (contrariamente alla vulgata, gran parte degli arditi della prima guerra mondiale erano anarcomunisti, repubblicani eccetera), me ne frego, labari e gagliardetti, il pugnale, il teschio, boia chi molla, la fiaccola dell’anarchia e altra simbologia anarchica, repubblicana o marxista. nel resto d’europa ancora oggi gli anarchici di sinistra usano questi simboli che invece in italia sono rimasti caratteristica della destra estrema. (il fascismo spesso riutilizza elementi della sinistra estremi e in tempi successivi fece propri “ordine nuovo” di gramsci e il nome della formazione partigiana comunista “fronte della gioventù”).
attorno a quei concetti e a quegli slogan, e grazie a finanziamenti occulti del grande capitale, il futuro tiranno raccolse così un movimento magmatico e violento di mille componenti, di ribelli, di destra e sinistra insieme, di insoddisfatti, di violenti, di rivoluzionari sinceri, di entusiasti e di ingenui, di invidiosi e di infelici. conservatori e rivoluzionari insieme, uniti dallo sgomento di una società che cambia. il geniale mussolini riuscì a coinvolgere sotto quei pochi concetti confusi e contraddittori, sotto quegli slogan efficaci, non solamente gli insoddisfatti (soprattutto provenienti dai movimenti di sinistra) ma anche una parte dei lavoratori insieme con una parte dei padroncini, riuscì ad aggregare sotto gli stessi labari proletari e piccola borghesia, tutti danneggiati dalla crisi economica e tutti desiderosi di rivincita. il giornalista mussolini scrisse che non guidava bensì interpretava i bisogni del movimento, (“non ho bisogno di ribattere l’accusa sciocca di volere essere una specie di padrone”). adottò una linea eterodossa e anticonvenzionale, evitò compromissioni con i partiti classici, sottolineò l’incapacità dei governi di dare una risposta all’insoddisfazione.
giolitti tentò invano di coinvolgere il violento movimento fascista alla ricerca di una maggioranza.

“la crisi consiste appunto nel fatto che il vecchio muore e il nuovo non può nascere: in questo interregno si verificano i fenomeni morbosi più svariati”.
antonio gramsci, quaderni dal carcere, 1930.