non un articolo mio ma un ovvèndo copincolla di pensieri altrui.
parlo (anzi, altri parlano) del rinnovo del vertice dell'autorità dell'energia. e anche più in generale di nuovi incarichi. come in eni.
lo farò tramite il ricorso a due blog diversi: il blog finanza&potere che, in queste pagine, segue il collega giuseppe oddo, giornalista di profondità, e le pagine del chicago blog seguite dall'acuto carlo stagnaro, osservatore accorto del mondo dell'energia e figura di rilievo dell'istituto bruno leoni, think-tank della sparuta e bistrattata pattuglia della destra liberista.
comincio con giuseppe oddo: l'eni, scaroni, berlusconi, la battaglia del metano.
dell’ultimo report, dedicato alle authority (consob, isvap, comunicazioni, energia), mi è rimasta impressa una breve dichiarazione di salvatore bragantini, economista, saggista, ex top manager bancario ed ex commissario della consob, sul ruolo dell’eni in politica estera e sugli intensi rapporti tra silvio berlusconi e il premier russo vladimir putin.
a un certo punto bernardo iovene, autore della puntata, dice: “chi vorrebbe vivere in tranquillità è l’eni, a cui il presidente ortis (alessandro ortis, presidente dimissionario dell’autorità per l’energia elettrica e il gas, ndr) vorrebbe sottrarre il controllo della snam, la rete di trasporto del gas”. gli fa eco ortis: “il passaggio del controllo di snam da eni a cassa depositi e prestiti, per esempio, farebbe certamente bene al mercato”. ed è qui che entra in scena bragantini. le sue parole fanno riflettere: “snam rete gas potrebbe essere un colosso europeo e quindi mondiale della distribuzione, se cambiasse rotta. ma l’eni non vuole perché diminuisce il suo potere contrattuale nelle trattative”. una cosa è presentarsi al cospetto di russi e algerini con una società che controlla l’intera filiera del gas – dalle concessioni all’estrazione, dalla liquefazione al trasporto, dalla vendita alla distribuzione – un’altra è andare a trattare con questi paesi produttori senza avere alle spalle un forte peso negoziale.
quindi parla del progetto south stream, il gasdotto che dovrà trasportare il gas naturale dal caspio all’europa, bypassando l’ucraina, a cui l’eni partecipa con la gazprom. ma ecco la sopresa: “l’eni non lo ha approvato”, dice. e aggiunge: come mai l'appoggio offerto dall'eni ai russi non è mai passato per una discussione in parlamento considerato che il gruppo è controllato al 30% dallo stato? la verità è, secondo bragantini, che “l’eni è molto vicino alla politica estera non trasparente di questo governo”. berlusconi si servirebbe dell’eni per un disegno di politica estera di cui il parlamento è tenuto all’oscuro e per allacciare rapporti personali con putin e con il dittatore libico muammar gheddafi. “che cosa si dicono gheddafi e berlusconi, putin e berlusconi, che cosa discutono quando sono da soli, non lo sappiamo, ed il parlamento non lo sa. questo secondo me è una cosa grave e l’eni è certamente parte di questo discorso”. sembrerebbe quasi che l’eni coprisse berlusconi in questi suoi rapporti piuttosto che perseguire i propri interessi di società presente con forti investimenti sia in russia che in libia e legata a questi paesi da solide e antiche relazioni commerciali (si pensi ai contratti di import di metano, take or pay). su questo peraltro bragantini ha già scritto sul "corrriere della sera"
se ciò risponde al vero, l’amministratore delegato dell’eni, paolo scaroni, il cui mandato scadrà nel 2011, passerà presto all’incasso per la riconferma. la possibile caduta del governo potrebbe scompaginargli i giochi, ma nemmeno tanto. scaroni è abilissimo nel mantenere relazioni con tutti. molti anni fa, prima che approdasse al vertice dell’enel (l’incarico precedente all’attuale), erano stati esponenti del centro-sinistra a sollecitarne il ritorno dalla gran bretagna dove scaroni aveva assunto la guida della pilkington dopo gli anni passati alla techint e il coinvolgimento nell’inchiesta “mani pulite” con l’accusa di aver pagato tangenti al psi (nel 1996 ha poi patteggiato la pena ad un anno e quattro mesi).
e ora stagnaro, sulle nomine dell'autorità dell'energia e sulla dimissione di federico testa del pd.
clicca qui per andare all'articolo di carlo stagnaro su "autorità energia. il pd perde pezzi"
solo due righe per avvisare che, a quanto mi risulta, il parlamentare del pd federico testa si è dimesso da responsabile energia & servizi pubblici del partito.
a monte della decisione starebbero le perplessità (eufemismo) per l’accordo bipartisan sull’autorità per l’energia, che (se le commissioni ratificheranno la decisione del governo) sarà presieduta dall’attuale numero uno dell’antitrust, antonio catricalà, e sarà composta da guido bortoni (capo dipartimento energia al ministero dello sviluppo economico e già direttore mercati dell’aeeg); alberto biancardi (direttore generale della cassa conguaglio del settore elettrico e responsabile energia dell’arel); valeria termini; e luigi carbone. testa, in particolare, non avrebbe gradito l’inserimento nel collegio di alcuni componenti privi di esperienza sul settore, in attrito con quanto prevede la legge istitutiva dell’autorità. ma dietro la decisione c’è probabilmente un malessere più diffuso per l’apatia del pd e la sua difficoltà a mantenere posizioni coerenti e credibili sui temi energetici e ambientali – col risultato di apparire sempre più come una succursale, fuor
i tempo massimo, di un’ideologia anti-industriale e anti-crescita economica.
un altro competente si allontana dalla politica. non ne guadagna il principale partito dell’opposizione, né il paese, ma i cacicchi verdi stasera possono brindare. chissà se qualcuno li ha informati che le bollicine sono fatte di co2.