oggi, 9 ottobre, ripubblico questo articolo del 2010 cinque anni dopo, 52 anni dopo.
tra poco, questa sera, 9 ottobre del '63, alle 20,30 la gente di longarone si darà appuntamento in piazza, perché al caffè centrale (sulle mensole a specchio i liquori brotto, la targa del caffè bristot, sul muro l'insegna della birra pedavena) la tv in bianco-e-nero darà in eurovisione la partita real madrid-rangers glasgow. due ore dopo la sigla iniziale dell'eurovisione, alle 22,39 del 9 ottobre '63, saranno morti tutti.
ecco qui sotto l'articolo di cinque anni fa.
9 ottobre '63.
chiedo scusa se potrà parere noioso questo testo.
se è noioso, lo è perché forse sono noioso io.
ora il vaiont è diventato di moda. in tanti sono diventati vaiontòlogi. libri, film, articoli.
questo mio articolo contiene soltanto parole, oltraggiosamente private.
e ammetto di provare un po' di gelosia per questa storia, che una volta era un vissuto solamente mio personalissimo e di pochi altri che chiamano il vaiont con la "i" e non con la "j" di vajont degli altri.
("noi" diciamo vaiont con la "i" e diciamo marghera invece di porto marghera).
vaiont, una storia che era di pochi, come dell'attore maurizio donadoni.
donadoni?
ma la messinscena del vaiont non era di marco paolini?
sì, dopo sono arrivati anche paolini e il film di martinelli, dato da raiuno.
ma nel '93 donadoni, bergamasco, per primo dopo la catastrofe del '63 aveva messo in scena a belluno il suo dramma "memoria di classe", bellissimo e denso.
il dramma scritto e rappresentato da donadoni non ha avuto successo: donadoni forse non ha il carisma teatrale di paolini, donadoni forse è arrivato troppo presto quando ancora il vaiont era un vizio privato di pochi emotivi, donadoni ha scritto un dramma che richiede una compagnia (con i costi di allestimento che sono connessi) e non è un one-man-show.
donadoni bergamasco, aveva nella sua memoria profonda una storia simile, quella della vicenda sconosciuta della diga del gleno, in alta valle di scalve (bergamo). una storia dimenticata, che non ha avuto dignità di memoria: all'alba del 1° dicembre 1923, appena inaugurata, la diga sul fiume gleno crollò e spianò decine di paesi sulla valle, fra i quali dezzo. centinaia di morti.
torno alla valle del piave, a longarone e a quella spaccatura nella montagna che c'è di fronte a longarone: una valle tagliata come se un coltello dei giganti avesse spaccato la roccia in verticale.
alle ore 22,39 di oggi una massa di roccia di circa 300 milioni di metri cubi si stacca – come previsto – dalle pendici del monte toc e in un minuto e mezzo piomba sullo specchio d'acqua del lago artificiale situato a quota 700,42 metri.
venticinque milioni di metri cubi d'acqua scavalcano la diga.
alle ore 22,45 l'onda spazza la cittadina di longarone e le frazioni vicine.
quando la scuola elementare riaprì, settimane dopo, dei 250 alunni ne erano rimasti vivi 35.
degli altri è rimasta la voce in una bobina di un registratore geloso trovato sotto le macerie.
cantavano in coro la ninna nanna di brahms.
non è stato trovato altro, di loro. solamente quella voce magnetica.
maggio 2006, bassano (vicenza).
sono seduto ai piedi al monumento del generale giardino, lì davanti gli alberi degli impiccati del settembre '44, ogni alberello la sua targa d'ottone con il nome della persona che vi era stata appesa per il collo.
uno mi racconta:
"insoma, me dise un ruspista che doveva fare dei lavori di sbancamento a longaron, insoma doveva scavare. digo, quindici giorni fa, mica il secolo scorso.
"lu scava e poi la pala trova della lamiera, in mezo ai sassi una lamiera verniciata. alsa la lamiera co la ruspa, e gera il tetto di una corriera. dentro ghe gera una comitiva di olandesi, sì olandesi, che passava sulla statal proprio mentre che vegniva l'inondassiòn.
"quando che era successa la tragedia, nissuni i sapeva che mancava una comitiva olandese. i gera scomparsi, non si trovavano più e basta. e ora li hanno ritrovati. il ruspista ghà avertito il sindaco e hanno fatto tutte le procedure".
chi mi racconta questa cosa, racconta come se fosse una cosa vera, però a me sembra una delle mille leggende (strazianti) di quel dramma collettivo del vaiont.
mi dicono che è stata archiviata dalla magistratura bellunese la storia della corriera olandese vista sotto la ghiaia da un ruspista, di cui avevo fatto cenno poche righe sopra. la storia – pare – è andata diversamente da come mi era stata raccontata.
nel frattempo sono state fatte le prospezioni nel greto del torrente maè con il metal detector dell'esercito, e hanno trovato tralicci, residuati della guerra, resti metallici vari. ma della misteriosa corriera olandese, nessuna traccia.
il comitato dei sopravvissuti ha rifatto le sue ricerche con un metal detector
diverso e ha individuato una massa metallica di dieci metri per due. esattamente le dimensioni di un "torpedone" degli anni '60. ma le ruspe non hanno trovato niente.
forse qualche lettore potrà dare qualche indicazione aggiuntiva.
quella tragedia è stata pagata con le vite di 2mila persone, è stata pagata dai risarcimenti dell'enel e della montedison.
quella diga l'avevano pretesa i signori della sade – società adriatica di elettricità – come il conte volpi di misurata, il presidente della sade vittorio cini (quello della fondazione cini), il valeri manera.
quelli che avevano inventato marghera, un altro conto lasciato da pagare ad altri.
perché la sade voleva costruire a tutti i costi quella diga?
perché marghera chiedeva corrente per le sue fabbriche. c'era l'anic, c'era l'edison che aveva stabilimenti chimici derivati dalla corrente elettrica (dopo aver venduto le centrali per la nazionalizzazione del '62-'63, con i soldi e senza più corrente elettrica l'edison si concentrò sulla chimica e si fuse con la montecatini: nacquero la montedison e quanto poi seguì nella storia economica d'italia).
la sade voleva costruire quella diga perché c'era da dare corrente elettrica all'italia dei consumi, del boom.
dare corrente all'italia che usciva dalla sua storia agricola ed entrava nell'industrializzazione delle lavatrici e della tv.
dare corrente quell'italia che si sarebbe riempita presto di case villette strade e capannoni: quella valle da chiudere con una diga era l'ultimo pezzo dell'italia agricola con la lampada a petrolio; oggi non sarebbe più possibile allagare una vallata intera per fare una centrale idroelettricha perché nel fondovalle ci sono fabbriche case campi giochi paninoteche.
fu l'ultima grande diga italiana. con la sua tragedia, fu la cernòbyl dell'idroelettrico.
soprattutto, la sade voleva incassare quanti più soldi dallo stato per la vendita delle centrali all'enel che nasceva in quel momento. un impianto del genere, anche se non avesse mai dovuto funzionare, avrebbe rivalutato ancora di più la società.
la tragedia del vaiont accadde quando la diga era appena passata all'enel.
ripesco dall'archivio una testimonianza giornalistica che mostra quale potere sulla stampa avessero 50 anni fa la sade e la dc. solamente i giornalisti più coraggiosi (solamente tina merlin dell'unità) poterono dire la verità. ma la sade poteva piegare tutti gli altri: due giorni dopo la catastrofe, dico 2mila morti dei quali 400 non più ritrovati, l'11 ottobre '63 il collega del gazzettino scrisse prono:
"la montagna ha tradito, la diga ha resistito
(da uno dei nostri inviati) belluno, 10 ottobre – non è stata la più alta diga ad arco d'europa, una delle realizzazioni più ardite della tecnica idraulica, a causare uno dei più grandi disastri che si ricordino, certamente il più grande della storia delle dighe, è stata la montagna che ha tradito".
corbézzoli, "montagna traditrice"; la colpa è di qualcun altro, della montagna traditora.
infine, qualcuno mi ha detto che i fondi statali per la ricostruzione dopo la catastrofe siano stati usati anche per costruire la superstrada per lignano sabbiadoro e la funivia delle tofane. non ho modo di verificare e rischia di essere una bestialità.
il vaiont è mio, oltraggiosamente privato.
(a loro insaputa, hanno contribuito a dare forma più compiuta ai miei sentimenti forti e confusi sul vaiont i signori elisabetta denti, gerardo orsini e valentino perin)