a margine del referendum sulle trivelle.
in questi giorni ho letto che ci sono molte piattaforme inattive.
(è un motivo addotto in particolare dai movimenti no triv).
non esistono piattaforme inattive.
una piattaforma in mare costa un botto ogni giorno, e nessuna compagnia vuole tenerla inattiva.
il sotutto di turno: “te lo dico io perché le tengono spente: per non pagare i cosati di smantellamento”. ma i costi di smantellamento sono già stati pagati attraverso una fideiussione versata per legge al momento del rilascio della concessione.
ripeto: nessuna compagnia petrolifera è così autolesionista da voler pagare botte di spese ogni giorno per lo sfizio di ritardare lo smantellamento già versato e pagato.
eppure è vero, ci sono piattaforme inattive, ma non è come si pensa.
otto di esse sono bloccate per legge. congelate. sono quelle nel golfo di venezia, e furono fermate per la moratoria imposta per legge nel timore che l’estrazione di gas (3 miliardi di metri cubi) potesse fare sprofondare venezia.
altre sono piattaforme non più estrattive ma ospitano impianti produttivi per il funzionamento delle altre piattaforme vicine cui sono collegate. hanno compressori, stazioni di trasferimento, serbatoi e così via.
ecco l’elenco completo:
– golfo di venezia – 8 piattaforme, tutte sospese e non produttive, di cui 7 interessate dal referendum
– al largo di emilia e romagna – 31 piattaforme, di cui 28 produttive, di cui 22 interessate dal referendum
– al largo delle marche – 14 piattaforme, di cui 9 produttive, di cui 7 interessate dal referendum
– al largo dell’abruzzo – 5 piattaforme, di cui 4 produttive, di cui 4 interessate dal referendum
– al largo del molise – 1 piattaforma, produttiva, interessata dal referendum
– al largo della puglia – 1 piattaforma, produttiva, non interessata dal referendum
– nel mare ionio al largo della calabria – 5 piattaforme, di cui 3 produttive, tutte interessate dal referendum
– canale di sicilia – 4 piattaforme, di cui 3 produttive, tutte interessate dal referendum
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