(quarta parte. per leggere le prime tre puntate clicca qui, qui e qui)
36° 32' 21'' nord, 14° 37' 32'' est
la piattaforma petrolifera vega (edison operatore al 60% con l'eni al 40%) ha due lati corti (est e ovest) e due lati lunghi, che sono chiamati "lato sicilia" (quello rivolto verso nord, in direzione della costa ragusana) e "lato malta".
nelle belle giornate, quando il vento razzente spazza l'aria dall'umidità del mare, si vede il profilo di malta. se si sale sulla gru da quella parte c'è pantelleria. verso est, verso creta, non si vede niente.
c'è gran movimento di navi, da qualunque parte si vedono molte navi, una portatainer di dimensioni impressionanti sfila laggiù, forse viene dall'asia e ha passato suez per andare verso rotterdam.
la salsèdine è divoratrice.
basta un annetto, e la ruggine affiora. anche sulle cose nuove. si passano nuovi strati di antiruggine, si spalma ancora vernice, ma è una guerra senza vittoria contro l'entropìa che porta tutto verso la dissoluzione.
la lotta al caos dissolutivo dell'entropìa è la nostra vita. "la nostra vita di uomini di piattaforma", dicono. ma in generale la vita-in-quanto-tale è estrarre qualcosa di organizzato dal caos entròpico e cercare di ripararlo.
anche il petrolio là sotto a 2.500 metri di roccia è una vittoria dell'entropia sulla vita: una volta quel petrolio erano alghe vongole granchiolini impastati con la sabbia sulla riva di un mare, erano vita morta, e ora sono un pastone nerastro e denso. ed è lotta all'entropìa estrarlo per trasformarlo nell'ordine regolato di un motore che gira.
ma la ruggine è soltanto apparente. appena un tubo, una griglia, una valvola cominciano a essere intaccati davvero dalla ruggine, si càmbiano.
senza se e senza ma.
nella parte bassa della piattaforma il fascio di tubi che arrivano dal giacimento si divide nelle ventuno teste di pozzo. il giacimento è piuttosto vasto, e le trivellazioni si distribuiscono a raggera nel sottosuolo per cercare i punti migliori da cui sgorga il greggio.
alla parete dell'ufficio del capo impianto, salvatore torneo, è appeso un grande foglio con la mappa – in prospettiva, in pianta, in sezione – di come i pozzi si distribuiscono nel sottosuolo. le profondità sono diverse, alcuni pozzi arrivano a più di 3mila metri di profondità.
i ventuno pozzi arrivano alla piattaforma e si distribuiscono nelle diverse teste di pozzo.
le teste di pozzo – la salsèdine le ha chiazzate di rosso rugginoso – sono numerate (1, 2, 3 eccetera) ma la numerazione non corrisponde al numero esatto di trivellazioni.
per esempio, c'è il pozzo 23. "alcuni pozzi furono abbandonati subito", spiega salvatore torneo, erano sterili, arrivarono in punti dove non c'era niente da estrarre, roccia secca e non impregnata di greggio.
di colore diverso dagli altri è il pozzo sei.
non è bianco con gli allestimenti blè marina.
è di colore giallo con gli allestimenti verdi. nella foto, lo vedi sul lato destro.
perché?
il pozzo sei è il pozzo della discordia. è uno dei pozzi sterili, di quelli che non avevano numerazione. però viene conservato, numerato, ed è stato usato.
non viene usato oggi per un problema giudiziario.
nell'articolo precedente di questa serie avevo raccontato di sten strömberg (pronuncia stròmberi), l'ingegnere minerario svedese dell'edison che diceva: se non si interviene, questo giacimento durerà ancora una decina d'anni, se si interviene invece raddoppia.
ecco, il pozzo sei è uno dei modi per intervenire.
è un pozzo di riniezione.
il greggio del giacimento vega è spinto verso l'alto dall'acqua infiltrata nelle profiondità della roccia.
è acqua salata entrata nel sottosuolo in epoche geologiche remotissime. è acqua di mare, ma sta là sotto – impregna la roccia profonda – da migliaia di anni.
quando il petrolio sale spinto in alto dalla pressione e arriva alla piattaforma, contiene un po' di quell'acqua.
salvatore torneo, il capo impianto, si avvicina non alle teste di pozzo distribuite sul pianale bensì alla fila di condutture e di valvole che dai pozzi salgono in piattaforma.
va alla testa di pozzo numero ventuno, la più produttiva.
apre una valvola, un secondo rubinetto, un altro rubinetto, una valvolina.
e da un tubicino come una cannella dell'acqua da giardino esce, in un lavandino d'acciaio impeciato di nero, il petrolio del giacimento vega.
"stia indietro, spruzza e macchia".
non mi interessa se macchia. voglio vedere il petrolio.
il rubinetto borbotta.
come quando c'è aria nella tubatura.
non è ar
ia; è metano.
borbotta e spruzzàcchia.
escono grumi collosi di catrame nero e caldo, a 60 gradi.
quel budino denso è petrolio: "a 15 gradi api", la gradazione dell'industria petrolifera statunitense che classifica le qualità di greggio. quindici gradi significa un petrolio piuttosto denso.
è denso come la maionese del tubetto.
ma è nerissimo e ha odore di petrolio.
è così denso e per poterlo lavorare va diluito con gasolio caldo. beninteso, il gasolio non è quello del distributore: è un gasolione industriale che deve solamente servire per allungare il budino nero.
prendo il mio taccuìno da lavoro, il quadernetto che mi accompagna sempre, e apro la pagina. metto la pagina aperta sotto al rubinetto e uno sgìnzo di greggio la macchia di nero.
ora, mentre sto scrivendo, ho il quadernetto aperto a quella pagina gommata di nero e sento odore di petrolio.
il greggio poi viene messo in separatori, cioè grandi cilindroni chiusi nei quali, con un semplice gioco di temperature e pressioni, il petrolio viene separato dal metano (poca roba che non basta neanche per farci andare le cucine di bordo, e viene bruciato da una torcia che fiammeggia debolmente all'estremità della piattaforma) e dall'acqua geologica.
ebbene, fino a qualche tempo fa quell'acqua che usciva dal giacimento insieme con il greggio con cui ha dormito per milioni di anni veniva riniettata nel giacimento dal pozzo 6, quello gialloverde contestato.
riniettare l'acqua che vi era stata estratta insieme al petrolio consentiva di alzare di nuovo la pressione e aumentare la produzione del giacimento, per portare appunto la vita utile da dieci a vent'anni.
tutto a posto, quindi? l'acqua che era nel giacimento torna al giacimento.
no.
non va bene. sembra che si tratti è smaltimento abusivo di rifiuti.
la procura di modica ha aperto un'inchiesta, e l'altro giorno l'edison è stata rinviata a giudizio. ne ha scritto l'altro giorno anche il financial times, con un titolone a tutta pagina.
ecco un passo del financial times.
edison accused of polluting mediterranean
by eleonora de sabata and guy dinmore in rome
edison, an italian-french energy company, has been accused in court of severely polluting the mediterranean seabed through disposal of oil waste products from drilling operations in italy's biggest offshore oilfield.
italy's environment ministry brought the case against edison, accusing it of discharging more than 300,000 tonnes of oil sludge and bilge waters resulting from production at the vega field off southern sicily in contravention of international conventions on marine pollution.
the waste was injected 2,500 meters under the sea floor over a period of nearly 20 years, as well as almost 150,000 tonnes of "produced water" – water extracted with the oil – saving the company €67m (m) that would have been spent in waste treatment.
the state prosecutor set out his case at a pretrial hearing held in modica, sicily, late on thursday. edison's defence lawyers are expected to respond on february 11, 2011, after which the judge will decide whether…
in altre parole, sarebbe stato il ministero dell'ambiente italiano a chiamare in causa l'edison, accusandola, in violazione delle convenzioni internazionali in materia di inquinamento marino, dello scarico di oltre 300.000 tonnellate di olio, di fanghi e di acque di sentina, derivanti dalla produzione del giacimento vega.
queste acque di giacimento ("rifiuti") state riniettate a 2.500 metri sotto il fondo marino in un periodo di quasi 20 anni, in una quantità valutata a quasi 150mila tonnellate della cosiddetta "acqua di produzione" (acqua estratta con sostanze oleose).
le trivelle hanno molti nemici.
prendiamo per esempio antonio d'alì, senatore siciliano del pdl appena rieletto presidente della commissione ambiente a palazzo madama.
"è necessario che libia e tunisia attuino una moratoria sulle trivellazioni, specie riguardo a quelle che più da vicino minacciano i nostri mari e le nostre coste, come in prossimità dell'isola di pantelleria", ha detto qualche giorno fa d'alì. l'italia chiede in particolare a bruxelles di avviare un'intensa attività diplomatica verso i paesi extra ue del mediterraneo, dai quali dipende che la proposta diventi efficace.
la commissione ue si è detta infatti preoccupata per gli oltre mille impianti off shore nelle acque europee, tra atlantico e mediterraneo, per le quali bruxelles intende proporre un "passaporto di sicurezza", reiterando al momento l'appello a tutti gli stati membri a sospendere qualsiasi concessione di licenze per le perforazioni in alto mare.
quella che la commissione propone in questi giorni, e che dovrà diventare oggetto di una proposta formale a gennaio prossimo, è quindi una stretta sulle norme che riguardano prevenzione, misure d'emergenza e responsabilità finanziaria.
sono oltre 900 impianti offshore operativi nell'ue, 486 si trovano nel regno unito, 181 in olanda, 123 in italia, 61 in danimarca, 7 in romania, 3 in polonia e 2 in germania, irlanda e grecia. e anche cipro e malta prevedono di intraprendere, a breve, attività di trivellazione.
il quadernetto degli appunti di lavoro è aperto ancora sulla pagina sbaffata di greggio.
(segue)
leggi qui la prima puntata (1 – all'eliporto)
leggi qui la seconda puntata (2 – il viaggio verso sud)
leggi qui la terza parte (3 – sul giacimento)