acqua. referendum. come distruggere l’acqua pubblica. intervento di marangoni

in altre parole, con la scheda gialla (*no ai profitti degli acquedotti*) si mandano a catafascio proprio gli acquedotti pubblici.
un esempio: l'acquedotto pugliese (azionista, la regione puglia) su mandato di nichi vendola ha avviato una gestione di tipo non politichese, non è più (o quasi più) il postificio dei politici locali, e ha cominciato a fare utili.
invece di dare i dividendi e gli utili all'azionista – cioè alla regione – l'acquedotto pugliese di oggi rinveste tutti gli utili per mettere tubi nuovi, ridurre le perdte, migliorare la qualità dell'acqua erogata e così via.
questo, d'accordo con vendola.

ecco, la scheda gialla (*vergogna, gli acquedotti non devono fare profitti! speculatori*) ha come effetto proprio danneggiare gli acquedotti pubblici come l'acquedotto pugliese e come tutti gli altri.

insomma, la scheda gialla è contro l'acqua pubblica.

se passassero i sì al referendum con la scheda gialla, gli acquedotti non avranno più i soldi per cambiare i tubi che pèrdono, per assumere analisti e comprare apparecchiature per il laboratorio d'analisi, per costruire un depuratore efficiente.

nei giorni scorsi ho pubblicato in queste pagine un documento degli acquedotti pubblici, preoccupatissimi perché uno dei due referendum sull'acqua (quello con la scheda gialla) in realtà non è contro la *privatizzazione* bensì dissesta i bilanci di tutti gli acquedotti, pubblici e privati, e soprattutto pubblici.

avevo trovato e pubblicato un documento degli analisti londinesi della fitch, una delle più autorevoli società di rating, che diceva la stessa cosa: il referendum scheda-gialla blocca tutti gli acquedotti e rischia di mandarli al dissesto.

poi ho pubblicato un interessante commento di andrea gilardoni, professore alla bocconi e uno dei massimi esperti italiani di economia degli acquedotti.

e ancora, un commento di adolfo spaziani, direttore della federutility, cioè l'associazione degli acquedotti pubblici e di tutte le aziende di servizi pubblici locali.

oggi voglio sentire alessandro marangoni, economista milanese, che è un acuto osservatore del mondo dei servizi pubblici locali.

ecco marangoni.

l’acqua come il nucleare … o come i rifiuti napoletani?

i referendum sull’acqua fanno leva sull’emotività delle persone e sull’inevitabile incompetenza “tecnica” di larga parte dei cittadini. paradossalmente come il nucleare!
emotività perché “l’acqua è un bene di tutti”, principio non messo in discussione dalle norme che si vorrebbero abolire, e non “possiamo lasciarla ai profittatori privati”, ma il 95% delle gestioni è di public utilities aventi come proprietari, o quantomeno come soci di riferimento, enti locali!
e’ un po’ come se chiedesse a un economista di esprimere un parere su un delicato intervento di cardiochirurgia!

ma le somiglianze finiscono qui. perché sulla gestione dell’acqua in italia le questioni essenziali sono piuttosto semplici e i margini d’incertezza limitati. poiché intervenire con argomenti razionali e analisi economico-finanziarie rigorose (come sono uso fare) è perdente in partenza contro l’emotività, mi limito a sottolineare alcuni aspetti essenziali, che chi non è addetto ai lavori forse non conosce.

  1. l’acqua non piove dal cielo, ma esce dai tubi! in altri termini è vero che è una risorsa naturale, ma il cittadino non paga la risorsa ma il servizio di averla a casa propria, pulita, potabile, quando e come gli serve. e quella sporca gli viene portava via allo stesso modo. tutto ciò è possibile perché dietro il rubinetto di casa c’è un settore industriale, fatto di impianti (potabilizzatori e depuratori), infrastrutture (invasi, pozzi, tubazioni), competenze e persone che lavorano. tutto questo costa. anche il gas è una risorsa della terra, ma nessuno si sognerebbe di predenderlo senza costi perché esiste in natura!
  2.  la finanza pubblica (in tutti i paesi non solo in italia) è in affanno. se si abolisce la possibilità di remunerare gli investimenti, l’unico modo per farli è ricorrere alla fiscalità generale. vogliamo aggiungere un’altra tassa per finanziare gli acquedotti? o pensiamo che non sia più necessario spendere un euro visto che le perdite dei nostri acquedotti sono bassissime (media 35-40% rispetto al 5-10% degli altri paesi europei) e la depurazione perfettamente funzionante in tutta italia (rischiamo ancora pesanti multe europee per le inadempienze in materia). siamo seri, possiamo discutere se sono 40, 50 o 60 miliardi gli investimenti necessari per i prossimi 10-15, ma è pacifico che è necessario investire. le numerose analisi costi-benefici che ho condotto negli anni lo dimostrano chiaramente. un dato per tutti: le perdite dovute ai mancati investimenti costano agli italiani 4-5 miliardi di euro l’anno, sottolineo l’anno!
  3. nonostante gli sbandierati aumenti, le bollette dell’acqua in italia sono tra le più basse nel mondo. non è un’opinione, sono numeri. in questi paesi più costosi la gestione è sia pubblica che privata. sarebbe interessante fare un sondaggio per scoprire quanti italiani sanno quant’è la loro bolletta dell’acqua. scommetto che nella maggior parte dei casi è inferiore a quella dei telefonini di famiglia.
  4. il contestato “profitto”, cioè la remunerazione degli investimenti è uguale a quell delle reti elettriche e del gas, perché nessuno mette in discussione queste? vogliamo stare al buio e al freddo? peraltro se si considera che un corporate bond a 5-10 anni rende il 4% netto, perché mai si dovrebbe rischiare in investimenti con ritorni ultradecennali per un misero premio del 3%? chi parla di profitti e di “oro blu” dovrebbe guardare ai bilanci di moli gestori dell’acqua! ma qui torniamo ai numeri e alle competenze …
  5. pubblico o privato non è il discrimine tra buona e cattiva gestione, tra profitto e gratuità. una recente indagine condotta da althesys su alcuni casi di eccellenza conferma questo fatto. se tutta l’italia fosse gestita secondo queste best practices i benefici sarebbero enormi, circa 20 miliardi di euro in soli 5-6 anni, come una finanziaria.
  6. las
    t but not least, l’ambiente. il servizio reso dal settore idrico è prima di tutto ambientale, cioè la depurazione delle acque reflue, cioè quelle che uscite dal rubinetto si gettano negli scarichi. nessuno le vede, quindi non esistono, quindi non valgono. ma circa due terzi della bolletta in media paga la depurazione. l’attenzione generale si concentra sugli acquedotti e sulla limpida acqua da bere, con improbabili confronti di costo con l’acqua minerale o le bibite. bersaglio sbagliato!  il grande pubblico deve sapere che “pulire” l’acqua … pensate alle alghe in adriatico quando la pianura padana scaricava in mare senza depuratori. provate a immaginare milano senza depuratori come napoli senza termovalorizzatori … ma questa è un’altra storia.

il referendum riguardera’ anche i trasporti ed i rifiuti, non solo l’acqua.
e’ cosi’ allettante la prospettiva di avere i rifiuti pubblici?

la vittoria del si non renderà l’acqua pubblica , semplicemente perche’ l’acqua e’ gia’pubblica.
non rendera’ i tubi e gli impianti pubblici, semplicemente perche’ sono gia’ pubblici
non rendera’ impossibile l’ingresso dei privati, perche’ – anche in caso di vittoria del si – si applicherà la legge europea, che prevede tre forme di gestione, pubblica, privata oppure ppp (public private partnership) in pratica le nostre società miste.
quindi il quesito che viene riassunto con “vogliamo l’acqua pubblica” significa, vogliamo che il comune possa scegliere tra tre forme di gestione. quel cacchio di decreto ronchi che si abolirà, (non certo scritto bene), parlava delle modalità di affidamento e non dei gestori.
entrava nel concetto dei “privati” solo per dire a coloro che hanno delle concessioni in corso – in genere ventennali o trentennali – che devono aprire un po’ la porta ai privati e siccome non lo fanno di propria sponte, li dobbiamo obbligare a farlo entro una certa data.

tutti concetti opinabili, una forzatura, ma sono la cosa allucinante è che ora le dice il governo di destra e qualche anno fa – le stesse cose – le diceva il governo di sinistra.
il secondo quesito potrebbe riassumersi con: “ti va che invece di pagare l’acqua con la bolletta a casa tua (se ne hai mai vista una in vita tua, perche’ in genere le paga l’amministratore di condominio e le divide in quote) pagherai l’acqua con le tasse, sulla dichiarazione dei redditi?”

quanti di voi, sinceramente, sanno quanto pagano al mese di acqua?
eppure sappiamo quanto paghiamo luce, gas, telefono.
in italia l’acqua si paga poco e per decenni sono stati in pochi a pagarla.

pagare l’acqua con le tasse significa semplicemente fare un favore a chi evade il fisco.
se non paghi una bolletta sei facilmente individuabile. se evadi le tasse…beh, lo sappiamo.

“si ma l’acqua e’ diversa. l’acqua e’ un diritto” dice la maggioranza
e’ vero, l’acqua è diversa.
ma e’ un diritto che per essere fruito ha bisogno di tanti soldi e di competenza.
anche il lavoro è un diritto, la casa è un diritto, lo studio è un diritto… sono enunciazioni di principio, ma poi il lavoro te lo devi cercare, la casa te la devi affittare e lo studio lo devi fare tu.
pensare che con il referendum l’acqua sarà gratis è folle.
sperare che l’acqua non si paghi è stupido

l’illusione di non pagarla con una bolletta, significa solo che il sistema idrico diventa “spesa pubblica” , ergo la pagheremo come gli altri (dis)servizi, mischiata con tutte le cose che lo stato, la regione, la provincia, il comune offrono ai cittadini.

agli acquedotti hanno fatto molti piu’ danni la demagogia (dei sindaci che facevano finta di regalare l’acqua) e la morosita’ (anche quella dei ministeri, delle caserme, delle carceri, del vaticano…. che non hanno mai pagato bollette in vita loro)

quando ho cominciato , il cancro da estirpare erano “le municipalizzate” , lottizzate, sindacalizzate, ecc…ecc…
oggi che (alcune di quelle) sono diventate spa, presentano bilanci a fine anno, passano soldi ai comuni loro proprietari invece di chiederglieli, mi tocca sentire che sono dei pericolosi privati che vogliono speculare sull’acqua.

abbiamo fatto parecchie analisi sul settore e sui costi-benefici degli investimenti (e di quelli non fatti) nelle infrastrutture idriche. ugualmente abbiamo valutato il potenziale dell'appplicazione dei casi di eccellenza gestionale a livello nazionale, valutazione presentata proprio nel convegno al quale penso facessi riferimento.
da tutte queste analisi emerge chiaramente l'esigenza di una gestione industriale, basata sull'efficienza e su sani principi gestionali, a prescindere dal dibattito – secondo me – fuorviante pubblico-privato.

dei referendm (nucleare, acqua, legittimo impedimento berlusconiano), sulla "privatizzazione" dell'acqua ci sono due schede.
uno dei due referendum riguarda i soci privati delle società acquedottistiche e di depurazione, e quindi è effettivamente relativo alla privatizzazione del servizio.

ma l'altro dei due quesiti del referendum, quello con la scheda gialla, riguarda la determinazione della tariffa del servizio dell'acquedotto idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito, e riguarda tutti, proprio tutti, gli acquedotti.
soprattutto quelli pubblici.
la domanda che ci sarà posta è:

volete voi che sia abrogato il comma 1, dell'art. 154 (tariffa del servizio idrico integrato) del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 "norme in materia ambientale", limitatamente alla seguente parte: "dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito"?

naturalmente, mi sarà caro il parere di tutti.

  • Nicola Fusco |

    Quanto hai ragione, Stefano…
    Mi sovviene di quel brano di Chesterton, dove si stigmatizzava l’obbrobrioso fatto che in Inghilterra, pervasa in quel momento da una epidemia di pidocchi, si ipotizzasse una legge che imponesse il taglio a zero dei capelli delle bambine povere… invece di fare in modo che non ci fosse più una povertà tale da non potersi neppure lavare!

  • stefano delbene |

    Mi sembra curioso che in varie occasioni si giustifichi l’accesso al credito privato come alternativa alla fiscalità generale più “giusta”:
    1) a causa dell’evasione solo i contribuenti onesti ne farebbero le spese: ovvia, troviamo il modo di, almeno ridurre l’evasione, magari spostando la tassazione sul patrimonio (probabilmente è una bestemmi detta su questo quotidiano!;
    2) il fatto che si preferisca pagare più interessi alle banche che tasse è sicuramente una conseguenza dello scarso senso civico che alberga in questo paese: guai pagare più tasse che potrebbero migliorare i servizi, meglio pagare privatamente il medico, la scuola ed ora anche l’acqua!

  • Leandro |

    he he … Nicola, hai ragione.
    Personalmente, spero di non suonare ‘sovversivo’, ma il metodo “all’Italiana” dei referendum mi pare una farsa di indole pilatesca, per scaricare ovvie colpe.
    Se io eleggo gente per legiferare e governare il paese (oppure per fare l’opposizione), e costoro ‘scaricano’ su di me le responsabilita’ di queste scelte legislative, a che pro me li devo tenere? ah ah ….
    PS x Jacopo: ho letto della boza’ ma non ho fatto in tempo a rispondere a tempo prima che si perdesse nei meandri …. trattasi di leggenda urbana: non fa proprio niente! ah ah ah ….

  • Nicola Fusco |

    La specifica questione del 7%, comunque la si voglia interpretare (ed io l’interpreto diversamente dall’articolista suggerito da Matteo), da sola non cambia la sostanza complessiva del mio giudizio su questa privatizzazione.

  • matteo |

    La storia del 7% andrebbe approfondita meglio Nicola: http://phastidio.net/2011/06/07/le-mille-balle-blu/

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