(avvertenza delle 0,15 del 30 marzo. la situazione aggiornata è in questo articolo successivo, che dà le risposte anche ad alcuni quesìti che pongo nell'articolo qui sotto)
come primo suggerimento, ti consiglio di lèggere alcuni degli articoli del sito web del sole 24 ore
il bell'articolo di attualità di stefano carrer da tokio
il mio articolo dell'altro giorno.
i link agli altri articoli su fukushima sono elencati qui a destra.
il fatto è che la tepco, i giapponesi, non sanno come venirne fuori.
dati da dentro la centrale
i reattori 1 e 3 avrebbero raggiunto pressioni e temperature tollerabili, ben sotto i 100 gradi, ma è ancora preoccupazione per il reattore 2.
la pressione non è alta, ma la temperatura sì.
nel reattore 2 ci sono 275 gradi.
praticamente, come se la centrale marciasse a potenza normale. e il reattore è spento.
quando è in produzione, macina vapore attorno ai 300 gradi.
non sanno come uscirne
non si può spegnere una centrale già spenta.
che continua a friggere e frizzare.
si spera che non succeda nulla di catastrofico.
se si rompesse l’uovo d’acciaio di uno dei tre vessel – non dovrebbe accadere, le pressioni sono ragionevoli – il nòcciolo fuso uscirebbe nel bunker di contenimento, e i bunker non sono più a tenuta stagna dopo le esplosioni di idrogeno che hanno squassato la centrale.
oggi per esempio si è rotto un tubo di un idrante che buttava acqua nella vasca del combustibile usato adiacente al reattore 2.
il raffreddamento a idranti è stato sospeso.
i tecnici si chiedono mille perché
perché non ha funzionato la "marmitta catalitica" dell’idrogeno, obbligatoria dopo l’incidente di three miles island?
(pennsylvania 1979)
era stata progettata male? era rotta?
il fenomeno è noto da quando esistono le caldaie dei piroscafi. il vapor d’acqua, se sottoposto a temperature molto alte e in presenza di metallo, tende a scindersi nei due elementi costitutivi dell’h2o, cioè idrogeno e ossigeno.
i quali si ricombinano insieme scoppiando.
nelle caldaie dei piroscafi era molto apprezzato, perché per attivare l’iperspazio bastava gettare acqua di mare sul carbone rovente.
ma l’incidente di three miles island aveva mostrato che il fenomeno accade anche in un reattore nucleare in crisi.
quando le barre restano scoperte dall’acqua e l’uranio comincia a fondere, il vapore sviluppa idrogeno.
e quando si cerca di sfiatare vapore per alleggerire la pressione nel nòcciolo, dalle valvole di sfioro esce idrogeno esplosivo.
per questo motivo, tutte le centrali devono avere fuori dal vessel un ricombinatore, un barilotto pieno di spugna di palladio (per immaginarla, ricorda la paglietta d’acciaio per scrostare le padelle), nel quale il metallo catalizzatore fa lo stesso effetto della marmitta antismog dell’auto: al passaggio dei gas, e senza bisogno di meccanismi o di corrente elettrica, il palladio ricombina idrogeno e ossigeno, riportandoli allo stato di acqua, che gocciola dentro al bunker di contenimento.
e invece a ogni tentativo di sfiatare vapore dal nòcciolo, a fukushima si sviluppava una vampa di idrogeno. le esplosioni devastanti che si sono viste in tv o sul web.
per non distruggere la centrale più di quanto non sia già stata distrutta, dopo la sequela di esplosioni di una decina di giorni fa la tepco ha deciso di non spurgare più vapore.
l'errore di lasciare scaldare
l’altro errore è stato lasciare il nòcciolo senza raffreddamento per due ore – il maremoto aveva spazzato i generatori diesel lasciando al buio la centrale.
i manuali dicono che in casi di fermata del reattore bisogna chiudere tutti i circuiti e si tappano le condutture nel tentativo di salvare il reattore per la ripresa futura della produzione.
perché non va bene far circolare l’acqua in condutture che possono essere lesionate. in turbìne che possono essere disassate.
questo dicono i manuali.
come avrebbero dovuto fare
poi ci sono gli uomini. quando il manuale non parla di un surriscaldamento e dell’avvicinarsi della fusione, gli uomini decidono di dare sùbito vapore all’esterno, verso il circuito delle turbìne e del raffreddamento.
oppure verso lo sfioro.
l’acqua, finché il nòcciolo non fonde, è appena debolmente radioattiva.
non è previsto dai manuali, una telefonata d’urgenza all’autorità nucleare, "il nòcciolo è vicino alla fusione: possiamo scaricare vapore in atmosfera?"
l’autorità consente.
si manda vapore nel circuito esterno, oppure si scarica in aria vapore leggermente radioattivo.
prima che il reattore cominci a frìzzare.
la pressione, dentro alla pentola, si abbassa.
un addetto (coraggiosissimo) va alle valvole manuali e apre le saracinesche dell’acqua ad alta pressione che spruzzano con iniettori acqua fredda sulle barre di uranio.
poi questo addetto si è assorbito la dose massima, e viene spedito a casa per due anni di vacanza meritatissima, premi, elogi, e nessun effetto sanitario.
facendo così, il reattore è perso per la produzione futura. ma si è evitata la catastrofe.
così fecero quelli di three miles island. furono processati. mostrarono che dovettero sfiatare vapore debolmente radioattivo, e l’alternativa era la catastrofe. l’autorità nucleare confermò di avere dato l’autorizzazione. furono assolti.
il capo della tepco
a tokio, si stanno domandando perché hanno seguito – giapponesi – il manuale. seguire gli ordini, chi
udere tutto e tapparsi le orecchie.
non a caso l’amministratore delegato della tepco, masataka scimizu, è ricoverato in crisi.
irreperibile da giorni.
sembrava sparito e – visto il senso dell’onore dei giapponesi – molti lo immaginavano con una sciabola in pancia.
la tepco oggi ha fatto sapere che scimizu è ricoverato in ospedale per rialzo della pressione e vertigini.
come finirà?
e la centrale è persa per sempre. quando tutto sarà finito – e in che modo finirà? – ci sarà da smontare la centrale, trattare enormi quantità di acqua irraggiata, scorticare il terreno per togliere gli elementi radioattivi depositati, e tagliare a fette tutto l’impianto per mandarlo a smaltimento.