memoria. la ritirata di russia nei ricordi. un libro.

il 26 aprile, venticinquennale dell'esplosione nella centrale nucleare di cernòbyl, avevo raccontato dell'ucraina, della centrale, dell'apocalisse scritta da giovanni l'evangelista, delle mie storie – anche oltraggiosamente private – in quei posti remoti.

quella pianura di terra nera come carbone, di girasoli, di betulle, dove il cielo è più grande che in italia, ho come l'impressione che a volte si formino nodi di pensiero, grumi di avvenimenti personali e collettivi, come se quel posto fosse il centro del mondo.

ne parla matteo de santis nel libro "ombre nel ghiaccio", libro documentale, frutto di lavoro in archivi dispersi e in qualche caso distrutti.
libro dedicato a quella tragedia, collettiva e individuale insieme, dell'armir e della ritirata italiana in russia, nel '42.

foto: la fiumana di italiani in ritirata nella neve

un passo dal mio articolo dell'altra settimana (più sotto tornerò sul libro di de santis):

parte seconda, la terra nera
in ucraina ero passato di sfuggita anni fa, viaggiando in macchina da rostov, sul mar d’azov alla foce del don, e andando verso mosca.

a fianco della statale, per centinaia di chilometri, solamente i girasoli su una terra nera, nerissima, come se fosse fatta con carbone sbriciolato.

durante quel viaggio una mattina un uomo mi avvicinò.
era vecchio.
un uomo molto vecchio.

il vecchio mi disse: “siete i primi italiani che vedo da 60 anni”.
un calcolo mentale, e sentii la storia attraversarmi la schiena.
il vecchio con poche parole di vita personale esprimeva il dramma collettivo, nomi come divisione cosseria, divisione julia, divisione ravenna e tante altre.
decine di migliaia di persone che non tornarono a casa.

quel posto fatto di nulla, di girasoli e di terra nera, in quel momento era il centro del mondo, dove tutto si condensa, dove avviene tutto.

quel vecchio allungò la mano e mi diede un cartafaccio fatto con una pagina di giornale russo. dentro c’era qualcosa.

io aprii l’involto.

dentro c’erano cinque cartucce di moschetto 91. cartucce italiane. cariche: bossolo e proiettile. cartucce non sparate, pronte per il caricatore.

“le ho raccolte stamattina all’alba in riva al fiume per voi.
queste sono vostre, italiane.
le avete lasciate voi, una volta.
ve le restituisco”.

non sapevo dove guardare, imbarazzato per la storia e per il dramma che quel vecchio qualunque mi stava passando dalla sua mano alla mia mano.

tutto era passato di lì, per quel posto fatto nulla, di girasoli e di terra nera e di cinque pallottole italiane per moschetto 91. quello era il centro del mondo, dove tutto si condensa, dove avviene tutto.

rileggere la campagna di russia attraverso le voci di chi su quel fronte c’è stato, ha combattuto, sofferto, resistito e per tanti, troppi anni è stato dimenticato.
con un nuovo punto di vista su una delle pagine più terribili dell’esperienza italiana nella seconda guerra mondiale.
sto scrivendo di “ombre nel ghiaccio – storia e memorie della campagna italiana di russia 1941-1943”, di matteo de santis edito dalle edizioni chillemi, di bruno chillemi, per la collana memore.

foto: militari italiani in cammino nella neve

chi è de santis.  ha 31 anni, è laureato in discipline storiche (non so esattamente quali, ma si è sempre occupato di storia), è un intenditore di fatti militari, un collezionista di militaria ed è infine (ahilui) un comunicatore in un ufficio stampa.

foto: camicie nere avanzano nell'estate ucraina

il libro, partendo dai fatti storiografici, ricostruiti anche attraverso una ricerca attenta sugli innumerevoli testi di memorie dei reduci di russia, ripercorre quegli anni e racconta approfondimenti nuovi e inediti anche con alcune interviste, realizzate in esclusiva dall’autore, con alcuni superstiti delle diverse divisioni dell’armata italiana.

foto: la mvsn in azione (prima della ritirata)

emerge una galleria di immagini non solo degli avvenimenti bellici ma anche delle emozioni, delle storie personali e umane, dei tanti "anonimi" che in terra di russia combatterono e morirono: circa 94mila, un numero elevatissimo di feriti e mutilati e un tragico bilancio di quella esperienza che si protrasse ben oltre la fine della guerra.
era, infatti, il 1954, quasi dieci anni dalla fine del conflitto, quando gli ultimi prigionieri italiani rientrarono a casa dai campi di detenzione russi.

foto: don giovanni brevi, cappellano del val cismon, si protegge del freddo con una coperta pesante

il libro – 353 pagine per 24 euro – è strutturato in tre sezioni.

foto: gli aerei italiani sul campo di volo di stalino coperto di neve nel gennaio '42

la prima, intitolata "i fatti", descrive nel dettaglio le operazioni militari italiane sul fronte russo, cornice in cui collocare le esperienze e le testimonianze dei soldati riportate negli altri due capitoli del volume.

foto: militare italiano su moto guzzi alce munita di mitragliatrice breda 30

la seconda parte, frutto della ricerca sugli innumerevoli libri di memorie scritti dai reduci di russia, entra nel quotidiano del soldato al fronte, in una ricostruzione, frutto delle testimonianze dei sopravvissuti, realizzata grazie all’analisi di circa cinquanta testi pubblicati dal 1943 al 2001. questo secondo capitolo ripercorre le tappe dell’esperienza della campagna di russia per un soldato: la partenza dall’italia, il viaggio in treno, il primo approccio con una realtà diversa, il rapporto con i civili russi e con gli alleati tedeschi, le principali battaglie, la tragica ritirata e, infine, la prigionia.

foto: alpini prigionieri dei sovietici in attesa di essere incolonnati

il terzo capitolo è dedicato alle interviste con dieci reduci e conduce il lettore nelle vite di quei soldati, nelle loro emozioni, esperienze, sofferenze, delusioni che cambiarono per sempre il loro futuro, anche una volta tornati dal fronte.

foto: 22 novembre '42, nel bosco di topilo una foto di gruppo dello stato maggiore della 4a cuneense

‘’ombre nel ghiaccio – storia e memorie della campagna italiana di russia 1941-1943’’ nasce cosi’ come un tributo a tutti quegli uomini – quelli tornati ma anche quelli che mai rividero la loro patria – che, per troppi anni, sono stati nell’ombra, dimenticati.
anche coloro che provarono a testimoniare con i loro scritti l’esperienza di russia – eccetto rarissimi casi – non hanno infatti mai avuto l’attenzione che meritavano e sono rimasti "numeri" nell’infinito elenco dei reduci di guerra.
nel libro traspare, quindi, non la voglia di riabilitare chi combatté per una causa che, a quasi settant'anni dai fatti, possiamo definire senza dubbio sbagliata, o l’intenzione di fare un’apologia dell'intervento italiano, ma di raccontare cosa accadde realmente, non negli alti comandi o allo stato maggiore, ma nelle trincee e nei bunker, nella steppa e tra i fanghi e la neve, per capire prima di tutto, come e da chi fu combattuta la guerra italiana in russia.

foto: il caporale giovanni camerlingo di giugliano, furiere, alpino della cuneense, in una fotografia sovietica

"questo libro è innanzitutto frutto della volontà di compiere qualcosa di utile, con la speranza che possa servire alla conoscenza e alla divulgazione di una pagina tanto importante della nostra storia nazionale – spiega matteo de santis. – grazie all’intenso dialogo instaurato con i reduci, quello che era partito come un progetto di ricerca, si è tramutato in una bellissima esperienza dal punto di vista umano. quanto raccontato o letto nelle memorie dei soldati, l’ampiezza del dramma da loro vissuto durante la guerra e la prigionia, le innumerevoli sofferenze fisiche e mentali, l’angoscia per l’atmosfera di devastazione e morte nella quale sono stati avvolti così a lungo, non possono che far riflettere e, tutto ciò, per me ha rappresentato una vera lezione di vita”.