ieri avevo trovato e pubblicato un documento degli analisti londinesi della fitch, una delle più autorevoli società di rating, che diceva la stessa cosa: il referendum scheda-gialla blocca tutti gli acquedotti e rischia di mandarli al dissesto.
mi spiego meglio.
dei referendm (nucleare, acqua, legittimo impedimento berlusconiano), sulla "privatizzazione" dell'acqua ci sono due schede.
uno dei due referendum riguarda i soci privati delle società acquedottistiche e di depurazione, e quindi è effettivamente relativo alla privatizzazione del servizio.
ma l'altro dei due quesiti del referendum, quello con la scheda gialla, riguarda la determinazione della tariffa del servizio dell'acquedotto idrico integrato in base all'adeguata remunerazione del capitale investito, e riguarda tutti, proprio tutti, gli acquedotti.
soprattutto quelli pubblici.
la domanda che ci sarà posta è:
volete voi che sia abrogato il comma 1, dell'art. 154 (tariffa del servizio idrico integrato) del decreto legislativo n. 152 del 3 aprile 2006 "norme in materia ambientale", limitatamente alla seguente parte: "dell'adeguatezza della remunerazione del capitale investito"?
al dibattito si aggiunge una nuova voce: quella di andrea gilardoni, docente alla bocconi, economista tra i più noti nel settore dei servizi pubblici locali e attento osservatore delle aziende acquedottistiche.
io non sono d'accordo con tutto ciò che scrive gilardoni (è la democrazia, bebi), ma diversi passi sì, li condivido appieno.
soprattutto nella seconda parte delle osservazioni di gilardoni.
pubblico volentieri (molto volentieri) questi spunti.
non riesco proprio a capire, da non-politico, come possano i cervelli di autorevoli personaggi sciogliersi nell’acqua; e dispiace anche che certi politici, che hanno svolto una funzione rilevante per lo sviluppo del paese, possano promuovere o farsi portabandiera di battaglie così sbagliate e demagogiche. ho esposto il mio punto di vista in due editoriali di management delle utilities a cui rinvio per chi ne abbia voglia: www.rivista-utilities.com/download/ed.3-2009.pdf; www.rivista-utilities.com/download/ed.1-2011.pdf. basti qui ricordare i titoli:”riforma dei servizi idrici: note per discussione” (settembre 2009) e ”i referendum sull’idrico: perfettamente inutili, se non dannosi” (marzo 2011).
in grande sintesi: io credo che, comunque vadano le cose, non avremo risolto in alcun modo i nodi del settore idrico. i quali hanno connotazioni particolari e vanno affrontati con un complesso di interventi, al vertice dei quali si colloca una vera e propria autorità indipendente (e non l’agenzia varata dal governo che ha limiti gravi come giulio napolitano ha sottolineato nel suo intervento su www.firstonline.info). io ho salutato con favore la cancellazione degli ato che, in molti casi, sono stati semplicemente disastrosi (lo ha detto anche il presidente del conviri, ricordando anche come il 30% del servizio idrico nazionale sia “non conoscibili”): ciò costringe a pensare ad una nuova ingegneria istituzionale di governo dell’idrico che limiti o tolga il potere gestionale alle amministrazioni che non sono in grado di fare funzionare bene i servizi.
le mie esperienze professionali evidenziano altresì che i veri problemi del settore sono 3 o 4 e sono apparentemente banali (investimenti intelligenti, attenta gestione delle manutenzioni, recupero dei crediti, stampare fatture corrette, e poco altro). non banalissimo è però come risolverli. pubblico o privato poco rileva; va però detto che quasi tutto il settore è gestito o controllato dal pubblico è tutti i limiti sono solamente imputabili a quest’ultimo. come tutti i pregi… mi si dice, ad esempio, che l’aquedotto pugliese, dopo anni di consistenti perdite (finanziarie, oltre che idriche…) chiuda il 2010 con risultati strepitosi: se sarà vero dovremo mettere in discussione una serie non modesta di preconcetti… (l’acqua è sempre in perdita. il sud è un disastro, la sinistra vendoliana non sa gestire, ecc.).
insomma, se il referendum vince, si ritorna alla situazione di prima dove i comuni potevano fare quello che volevano: in house, ppp, privatizzare, quotare in borsa, ecc. se il referendum perde allora si sarà legittimati a dire che l’acqua può essere privatizzata e che, in fondo, è accettabile che muoiano 100.000.000 di italiani a causa del decreto ronchi (affermazione di un manifestante per il “si” fatta girare decine di volte dal tg3). ma comunque nulla si sarà fatto per risolvere i problemi veri.
circa l’eventuale cancellazione della remunerazione del capitale investito, francamente vedo solo implicazioni negative, salvo possibili ma complessi aggiramenti della norma. nei prossimi 15 anni per ammodernare le infrastrutture del paese necessiteranno non meno di 300 miliardi di € di cui circa il 10% che potrebbe essere assorbite dall’idrico (vedi anche mio articolo su www.firstoinline.info di giovedì scorso). come è possibile attrarre tali ammontari? la finanza pubblica ce la potrà fare? altrimenti, quali strumenti potremo immaginare se non si potrà più remunerare gli investimenti? io ho visto grandi preoccupazioni nelle imprese alcune delle quali rappresentate in questa lista. ma, come dice fitch, i riflessi cadranno sui consumatori e sulla finanza pubblica che magari dovrà sottrarre risorse alla scuola o alla sanità per finanziare le fogne del belpaese. oppure lascierà i liquami in libertà. (mi vien da dire al proposito che accanto allo slogan “acqua pubblica” dovremmo aggiungere “monnezza pubblica”, “liquami di fogna pubblici” ecc.
meno male, però, che qualcuno ancora la pensa come noi: mi riferisco a draghi che, nella relazione dell’altro giorno, ha parlato non certo per la prima volta della necessità di liberalizzare i servizi locali.
comunque vada a finire una cosa è certa: ci sarà molto da lavorare per chi vuole rilanciare questo settore ma consola il fatto che oggi esiste un certo consensus tra chi conosce le cose sulla strada da fare. si tratta di convincere i politici…
andrea gilardoni
naturalmente, mi sarà caro il parere di tutti.