il primo impatto per me è stato cauto. rispetto alle edizioni 2011 ("illuminazioni") e precedenti, la biennale d’arte di quest’anno mi pareva senza nerbo, senza la frustata di un’idea.
gli artisti mi sembravano in gran parte “deboli”. l'arte contemporanea, senza un filo conduttore potente.
poi l’ho metabolizzata.
la biennale d’arte di venezia edizione 2013, “il palazzo enciclopedico”, è bella, proprio bella.
te ne propongo una guida personalissima. una guida divisa in più articoli.
oggi ti racconto la biennale della sede dei giardini di castello, quella con i padiglioni.
introduzione brevissima
questa edizione della biennale resterà aperta fino al 24 novembre. per info, costi, orari cliccando qui puoi andare al sito web della biennale.
si intitola “il palazzo enciclopedico”, come scrivevo prima, perché il curatore di quest’anno, massimiliano gioni, ha voluto fare una summa dell’idea di arte, un aggregato di spunti e di suggerimenti non solamente contemporanei e non solamente di artisti.
infatti sono esposti anche collezioni, oggetti, creazioni di autodidatti.
espongono più di 150 artisti provenienti da 37 nazioni. la mostra viene affiancata da 88 partecipazioni nazionali (10 i paesi presenti per la prima volta) e da 47 eventi collaterali, promossi da enti e istituzioni, e organizzati in numerose sedi della città.
la biennale si divide come al solito in due sedi principali, i giardini e l’arsenale, più decine di esposizioni sparse in altre sedi.
la sede dei giardini (sestiere di castello) ospita i padiglioni nazionali storici (inghilterra, russia, francia, polonia, stati uniti eccetera) e anche l’ex padiglione italia, oggi padiglione biennale, quello più grande, con la mostra tematica.
la sede dell’arsenale (sestiere di castello) ospita la mostra tematica più le esposizioni nazionali (italia, cina, sudafrica, libano e così via).
le piccole mostre collaterali sparse nella città ospitano sia singoli paesi (per esempio: irak, taiwan eccetera) sia singoli artisti.
il palazzo enciclopedico
massimiliano gioni ha introdotto la scelta del tema evocando l’artista autodidatta italoamericano marino auriti (nato nel 1891 a guardiagrele, in abruzzo, e morto nel 1980 a kennett square, usa), che il 16 novembre 1955 depositava presso l’ufficio brevetti statunitense i progetti per il suo palazzo enciclopedico, un museo immaginario che avrebbe dovuto ospitare tutto il sapere dell’umanità, collezionando le più grandi scoperte del genere umano, dalla ruota al satellite.
l’idea di auriti rimase – ovvio – incompiuta, ma il sogno di una conoscenza universale e totalizzante attraversa la storia dell’arte e dell’umanità fin dai tempi della biblioteca di alessandria. accomuna personaggi eccentrici come auriti a molti artisti, scrittori, scienziati e profeti visionari che hanno cercato – spesso invano – di costruire un’immagine del mondo capace di sintetizzarne l’infinita varietà e ricchezza.
in questa foto: auriti insieme alla sua costruzione
un giro frettoloso ai giardini: da vedere assolutamente
prima di entrare, ormeggiato sulla riva dei sette martiri il rimorchiatore trafaria praia che la geniale joana vasconcelos ha trasformato nel padiglione del portogallo. coperto di maioliche, all'interno ci sono le creazioni fantastiche di stoffe e luci dell'artista che aveva colpito anni fa con il lampadario di assorbenti e con mille altre idee stupefacenti.
a ore fisse, il rimorchiatore imbarca i visitatori e fa un giro navigante nel bacino di san marco.
per saperne di più.
nel padiglione centrale sono stati esposti i libri dipinti, le miniature manoscritte, dello psicologo carl gustav jung (1875 kesswil, svizzera; 1961 küsnacht, svizzera), allievo di sigmund freud. una meraviglia i disegni di jung, inseriti inoltre nell’antica sala art-decò del padiglione.
in questa foto: uno dei libri di jung
nel padiglione centrale, nella sala rialzata le figurine di creta degli strepitosi artisti svizzeri peter fischli (61 anni) e david weiss (morto l’anno passato). è il ciclo “suddenly this overview”.
in questa foto, uno scorcio delle statuette.
“suddenly this overview” era un progetto in diventire continuo, cioè finché weiss era vivo i due artisti continuavano ad arricchire la loro collezione di terrecrude, arrivate a circa 200.
alla biennale ne sono esposte mi pare più di cento.
sono bellissime. ironiche. pazzesche. eleganti. bisogna avere il tempo di guardarle a una a una. le statuette, ciascuna nella sua teca, illustrano in modo spiritosissimo proverbi, eventi storici, locuzioni, situazioni.
in questa foto: piccolo e grosso (klein+gross)
in questa foto: herr e frau einstein poco dopo avere concepito loro figlio, il genio albert
in questa foto: scimmie incapaci di comprendere il mistero del monolito
in questa foto: il cane dell’inventore della ruota manifesta la sua soddisfazione al padrone
in questa foto: controllo delle fognature
in questa foto: brunelleschi inventa la prospettiva
nel padiglione della gran bretagna, ecco jeremy deller.
in questa foto: il falcone artiglia la range rover da caccia della famiglia reale
ci sono alcuni video bellissimi da perderci il tempo a guardarli e c’è anche una sala da tè (anche il tè è un’arte) che serve ai visitatori una tazza da gustare sulla terrazza del padiglione.
per saperne di più
davvero equilibratissimi gli allestimenti “triple point” di sarah sze nel padiglione degli stati uniti. nelle ore di punta bisogna fare un po' di coda per entrare perché l'accesso al padiglione è regolato.
in questa foto, una delle creazioni di sarah sze
il mondo classico, la donna, il mito di danae ingravidata da zeus sotto forma di pioggia d’oro, con vadim zacharov nel padiglione della russia con “danaë”.
le signore visitatrici sono le sole ammesse sotto la caduta d’oro, con un ombrello per evitare che le monete coniate da zacharov producano bernoccoli. i signori visitatori possono accedere solamente dalla balconata per poter vedere le donne sotto la cascata d’oro.
chi vuole, può prendere una moneta a ricordo.
una foto della pioggia d'oro di danae.
una visita meno frettolosa
ora seguo un giro antiorario: entrati, subito i tre padiglioni a sinistra (spagna, belgio, olanda), poi il padiglione centrale (la biennale con la mostra tematica sul palazzo enciclopedico).
poi sono adiacenti finlandia, israele, ungheria (ho già descritto gli usa).
dopo il ponte, i padiglioni dell’oltrecanale (brasile, austria, serbia, egitto, venezia, romania, polonia, grecia).
tornati attraverso il ponte, uruguay e australia e il viale principale con inghilterra (già descritta) sulla piazzetta con francia e germania, l’una di fronte all’altra.
sul viale: corea e giappone, la russia (già descritta), i paesi nordici, la danimarca, venezuela e svizzera.
primo padiglione a sinistra dall’ingresso, spagna. lara almarcegui propone i materiali raccolti da un progetto artistico-ambientale in una discarica nell’isola veneziana di murano.
voto: buono.
secondo padiglione a sinistra: un enorme albero storto, dolente e crepato è al centro del padiglione del belgio. il tema di berlinde de bruyckere è proprio il legno storto, kreupelhout.
voto: interessante.
questo il sito web del padiglione belga con le immagini.
subito dopo il belgio e prima di arrivare al padiglione centrale, ecco l’olanda dove mark manders espone “room with broken sentence”. belle le sculture, bella l’idea di coprire le vetrate con (false) pagine di giornale.
voto: molto buono.
nel padiglione centrale, sala 7 (entrando, la prima a sinistra), ci sono i ritratti architettonici di un altro non-artista, lo svizzero emigrato negli usa achilles rizzoli. negli anni ’30 rizzoli ritraeva le persone raffigurandole come edifici. le architetture ricordano progetti come quelli dell'architetto futurista antonio sant’elia o come il palazzo enciclopedico di auriti. ricordano anche le copertine delle riviste degli anni ’30.
ecco alcuni di questi "ritratti architettonici" di rizzoli.
sempre nel padiglione centrale, in una vetrina sono esposti i quadernetti di josé antonio suárez londoño. un altro non-artista, levi fisher ames e le sue meravigliose sculturine di legno (eccone una foto), oppure oliver croy e oliver elser con i modellini di plastici ferroviari (qui una foto. sulla parete di destra, i ritratti architettonici di rizzoli di cui ho scritto qui sopra)
zona padiglione centrale (di fronte all’olanda): il padiglione della finlandia disegnato a suo tempo da alvar aalto. antti laitinen espone “falling trees”: all’esterno e nel piccolo padiglione finlandese, gli alberi come elemento architettonico.
voto: buonino.
clima d’assedio nel padiglione di israele, dove gli artisti guidati da gilad ratman (che non è il personaggio a fumetti di leo ortolani) esprimono forme di dolore e tentativi di evasione carceraria. un buco nel pavimento del padiglione mette in comunicazione diretta con gerusalemme. voto: interessante.
poco distante dai padiglioni di finlandia, israele e stati uniti, ecco il bellissimo padiglione dell’ungheria, coperto da maioliche liberty di rara bellezza. qui zsolt asztalos espone “sparata ma inesplosa”, drammatica bella raggelante rassegna di video statici e di immagini dei residuati bellici ritrovati inesplosi in europa dopo le due guerre mondiali. razzi anticarro, granate, bombe d’aereo. sparati da statunitensi, austroungarici, sovietici, italiani, ungheresi, tedeschi e così via. voto: davvero molto interessante.
queste le pagine web dedicate all’esposizione ungherese
nella zona oltrecanale, il primo padiglione che si incontra è il brasile, con “inside/outside” e le opere di hélio fervenza, odires ml
ászho, lygia clark, max bill, bruno munari. segnalo in particolare mlászho con i libri intrecciati. le pagine di libri diversi si
sommano fino a costruire elementi decorativi. fusione di idee, di pensieri, di parole.
voto: da vedere.
molto bello il padiglione dell’austria (ancora nella zona dell’oltrecanale) con mathias poledna. il cuore della sua istallazione è un bellissimo video a cartoni animati, un video di circa 3 minuti costruito con precisione maniacale come un cartone statunitense anni ’30-’40. perfino la canzoncina è perfetta, registrata negli studi della warner bros. la trama del cartone è esilissima: un asinello vestito da marinaio canta una canzone mentre uccellini d’ogni colore lo accompagnano fischiettando.
un'elegante e in apparenza leggera macchina del tempo.
voto: da vedere.
qui un’immagine dell’asino marinaio e uno degli uccellini canterini. per info, questo è lo spazio web dedicato al padiglione austriaco.
ancora nell’oltrecanale, il padiglione della serbia propone “nothing between us” di vladimir peric e miloš tomic. peric ha coperto una parete con topolini di gomma, un’altra con lamette da barba, a formare calligrafie o disegni da carta da parati.
l’effetto della parete punteggiata di topolini
lo stesso effetto di carta da parati ottenuto con le lamette da barba
vecchie custodie di cuoio delle macchine fotografiche diventano uno zoo
per esempio, ecco la rana.
voto: interessante.
sezione oltrecanale, egitto, “treasuries of knowledge” di mohamed banawy e khaled zaki. spettacolari i mosaici di banawy.
voto: molto buono.
il padiglione venezia in genere è abbastanza sconfortante. questa volta, ha alcuni pezzi davvero strepitosi. titolo: “silk map”, curato da
renzo dubbini, ewald stastny e giovanna zabotti. è un omaggio attraverso cinque artisti attivi tra l’italia e l’oriente all’arte soffice: la tessitura. aes+f, anahita razmi, marya kazoun, mimmo roselli, marialuisa tadei, yiqing yin si cimentano con questa tradizione e con questo viaggio di saperi lungo le vie d’oriente, reinventando materiali tradizionali e immaginando invenzioni libere, andando così a creare sei opere esclusive per il padiglione e la città.
voto: molto buono.
la romania propone “an immaterial retrospective of the venice biennale” dove alexandra pirici e manuel pelmus ripercorrono la storia della presenza romena all’esposizione veneziana e dove alcuni attori si esibiscono in alcune performance.
voto: una botta e via.
la polonia è stata zittita perché le campane esposte facevano un frastuono oltre i limiti di legge (affacciarsi nel padiglione); la grecia merita un passaggio moooolto veloce.
tornati di qua dal canale, ecco l’australia (interessante) e l’uruguay, dove wifredo díaz valdéz propone “time (time)
time”, un gioco di vecchi oggetti smontati e
disarticolati. come quelli in questa foto.
voto: buono.
sul viale principale, francia e germania si sono scambiati i posti. nel padiglione francese c’è la germania, e viceversa.
anri sala propone “ravel ravel unravel”, gioco di parole sul nome e sulla musica del compositore maurice ravel.
voto: mah. doppio mah.

60;
la germania espone (nel padiglione della francia) il cinese ai weiwei, romuald karmakar, santu mofokeng, dayanita singh.
voto: interessante.
per saperne di più: www.pavillonfrancais.com e www.deutscher-pavillon.org
viale principale, corea. l’artista coreana kimsooja propone “to breathe: bottari”. il padiglione coreano (obbligatorio levarsi le scarpe) è pavimentato con alluminio lucentissimo, mentre le pareti e il soffitto sono di plexi iridescente. moderatamente interessanti gli effetti di luce e i riflessi. di lato, una sala anecoica e buia totalmente. si entra dopo avere firmato uno scarico di responsabilità. silenzio totale, buio pesto. solamente il rumore del respiro e dei pensieri. dopo un minuto si viene buttati fuori dagli addetti. il turno per entrare nella stanza annullante è ottenuto con i numerini, come al reparto gastronomia del supermercato.
voto: da vedere per soddisfare la curiosità, e basta.
poco emozionante il giappone.
fra l’area usa-israele e il viale centrale con russia, inghilterra, francia e germania, ecco i paesi nordici. “falling trees” di terike haapoja e “beware of the holy whore”con edvard munch, lene berg and the dilemma of emancipation. interessante l’esposizione artistica dei meccanismi biologici, come la respirazione delle piante.
voto: buono.
per saperne di più
viale principale (ma ingresso dal retro, a fianco degli usa), danimarca, “intercourses” di jesper just. un video di due ragazzini nordafricani in motorino in una terrificante perfieria. qui l’intervista con just.
voto: una botta e via.
sul viale, di fronte alla danimarca e a fianco della svizzera, il venezuela con “el arte urbano. una estética de la subversión” dove un collettivo di artisti urbani venezuelani coordinati da juan calzadilla espone la protesta dei muri: writer, scarabocchiatori, muralesari (o muralesisti? insomma, i pittori di murales) che esprimono la loro rabbia urbana con la bomboletta di vernice.
voto: molto interessante.
sul viale principale, ecco la svizzera con valentin carron. strumenti musicali schiacciati e un lunghissimo serpente che accompagna in visitatore nelle salette. ecco la foto di un trombone schiacciato da
carron.
voto: interessante.
(segue)