in italia finora sono stati perforati 7.174 pozzi di metano e petrolio

in italia finora sono stati trivellati 7.174 pozzi per l’estrazione di metano o di petrolio.
i periodi in cui sono stati perforati più pozzi sono stati a cavallo fra gli anni ’50 e ’60 e attorno alle fine degli anni ’80 (in genere attorno alle 200 perforazioni l’anno).

delle 7.174 perforazioni, 1.715 sono state condotte in mare – soprattutto in adriatico – e 5.455 sulla terraferma.
la maggior parte dei pozzi sono stati trivellati in emilia e in romagna (1.714), lombardia (685), sicilia (664 pozzi).

un pozzo di gas in pianura padana

un pozzo di gas in pianura padana fra colture di pregio

il primo pozzo petrolifero italiano fu scavato dalla huber (società oggi scomparsa) nel 1895 sulle colline bolognesi sopra castel san pietro, lungo la valle del sillaro.
arrivò alla profondità di circa 200 metri.
sterile, secco.
non uscì nulla.
la huber provò a perforare li vicino altre due volte ed estrasse metano.

nel 2012 sono stati scavati 37 pozzi.
ne cito uno solo: a pochi chilometri da quello del 1895, due anni fa la northern ha perforato a imola – a fianco dell’autodromo frequentato da migliaia di persone che non si sono accorte di nulla – un pozzo esplorativo profondo più di 2mila metri.
sterile, secco.
la compagnia ha smontato il cantiere di perforazione e ha ripristinato l’area, restituendola agli usi precedenti.

ben pochi si sono accorti delle migliaia di pozzi che punteggiano l’italia.
i pozzi di metano o petrolio sono visibili (e nemmeno troppo) solamente durante la fase di perforazione, quando sul terreno viene allestito il cantiere che in genere occupa l’area di un ettaro (100 metri di lato) comprese le baracche degli operai, il magazzino prefabbricato per gli attrezzi e l’apparato di perforazione.
è grande, insomma, come il cantiere di un pozzo per la ricerca di acque potabili.

poi, quando si trova il giacimento, tutta l’attrezzatura viene smontata, viene ripristinato e ripulito il terreno e resta solamente un tubo di metallo che sporge dalla terra con varie valvole.

questo è ciò di cui parliamo quando si discute di trivelle.

  • Jacopo Giliberto |

    grazie della segnalazione

  • Alberto |

    Egregio sig. Giliberto,
    le rappresento che la foto utilizzata per il suo articolo riguarda un pozzo di captazione del biogas estratto dalla discarica di Sommariva Perno (CN) e non un pozzo di estrazione del gas naturale da un giacimento di idrocarburi.

  • Giovanni Galgano |

    Gentile sig. ra Federica, i pozzi petroliferi vengono scavati con misure di sicurezza stringenti e allo stesso tempo semplicissime, da decenni. Non esiste un solo caso di inquinamento della falda idrica da idrocarburi, mentre ve ne sono decine di inquinamento da fognature.
    Nel settore idrocarburi, quando si perfora un pozzo, man mano che si procede nel sottosuolo, le sue pareti vengono rivestite con tubi metallici di diametro decrescente, cementati tra loro in modo da isolare la sezione centrale del pozzo (da dove si estrarranno gli idrocarburi) dagli strati di terreno attraversati.
    In questo modo l’isolamento delle falde acquifere dai fluidi (idrocarburi) o dai fanghi di perforazione presenti nel foro viene garantita attraverso la cementazione delle colonne di tubi in acciaio, riempiendo di malta l’intercapedine esistente tra le pareti del foro e l’esterno dei tubi. Grazie a questa tecnica è possibile isolare tutta la parte ricoperta dalla colonna cementata dal resto del pozzo. Inoltre, la cementazione aiuta a sostenere il peso della colonna e protegge il pozzo stesso. La testa del pozzo è inserita in una “cantina” che la protegge da qualsiasi interferenza con l’ambiente esterno.
    Al disopra della testa di pozzo trovano la localizzazione le valvole di sicurezza e le valvole per permettere l’estrazione degli idrocarburi.

  • Jacopo Giliberto |

    gentile federica, lei pone dubbi che sono stati risolti da quando l’uomo scava il terreno, cioè i rischi di collegamento fra acqua dolce e acqua salata.
    vengono affrontati da centinaia di anni a ogni pozzo e a ogni trivellazione per la ricerca di acqua potabile, per i carotaggi, per le analisi del terreno, e anche per le perforazioni petrolifere.

    per me non c’è problema.
    la sardegna vuol far sapere al mondo che preferisce usare carbone e petrolio.

  • Federica |

    Per gentilezza mi potrebbe spiegare, signor Giliberto,
    nel qual caso in cui le trivellazioni dovessero collegare falde acquifere d’acqua dolce e d’acqua salata, inquinando interi bacini d’acqua potabile, cosa succederebbe?

    Certo, gli errori durante le trivellazioni non accadono mai.

    Ma mi dica, a chi andrebbe addebitato il danno? Sa in Italia pare che a pagare siano sempre gli abitanti, che di tutto questo splendore di metano non è che ne gioverebbero così tanto.

    Il suo ultimo articolo “la sardegna rinuncia al suo giacimento di metano. meglio importare petrolio.” non lascia spazio ai dubbi che hanno mosso la protesta. Certo perchè OVVIAMENTE va sempre tutto bene, si fanno piccolissimi buchettini, si tirano fuori meraviglie e vai così.
    Pazienza per le perizie sull’impatto ambientale vero?
    Pazienza se i Sardi campano sulla bella terra che hanno la fortuna di abitare e su null’altro, giusto?

    Allora si, mio dotto signor Giliberto, mi sembra che lei, leggo nato a Venezia e residente a Milano, dovrebbe innanzi tutto immaginarsi di vivere qui, invece di scrivere tante belle sentenziose parole. Potrebbero suonare offensive a chi qui cerca di salvaguardare il territorio. Son punti di vista.

    Buona giornata

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