(ho tratto l’immagine qui sopra dal film il mestiere delle armi di ermanno olmi, 2001).
(1 – primo di tre articoli. puoi leggere il secondo articolo su sabbioneta e shakespeare in love cliccando qui. per leggere il terzo articolo su sabbioneta, l’amleto mantovano e il conte antiquario clicca qui).
già nelle sue origini, la città di sabbioneta pare avere una vena nascosta di follia, a tratti tragica.
basta guardare quanto resta della cavalcata di legno in cui il fondatore della città, vespasiano gonzaga, volle celebrare sé stesso e suoi antenati: le sculture dei cavalieri a cavallo hanno tratti abbacinati, sguardi assenti, rigidità alcolizzate.
in parte distrutta nel 1815 da un incendio, la cavalcata dei fantasmi è esposta in uno dei saloni del palazzo ducale di sabbioneta.
il vespasiano gonzaga aveva deciso di andare a vivere da solo, forse perché gli era insopportabile la vita nel palazzo di mantova insieme con tribù di zie cugini cognate.
che fa una persona normale? cerca casa, o se è molto molto ricco si costruisce una sua villa.
il vespasiano, no.
si costruisce tutta una città. intera.
va nel suo feudo di sabbioneta, al margine della bassa mantovana a ridosso del po e dell’oglio; abbatte la piccola borgata e al suo posto ci fa un’intera città.
tutto in dimensioni piccole, s’intende. ma una città intera.
con le mura bastionate, con il palazzetto ducale.
con il palazzetto schifa-noia per la villeggiatura (a 200 metri dal palazzo ducale), completo di galleria degli antichi (el corridor grande) e piccolo giardino.
con la chiesa di famiglia, l’incoronata.
con il suo quartierino de’ mercanti hebrei e la loro bella sinagoga, ridecorata a inizio ‘800 e oggi piena di studenti tedeschi in missione restauro.
con i teatro degli antichi, progettato addirittura da quel vincenzo scamozzi allievo di andrea palladio di cui ci restano gli sconcertanti scenari prospettici della città di tebe nel teatro olimpico di vicenza; ma un teatro piccino picciò con l’effige dell’imperatore vespasiano alla cui grandezza il gonzaga voleva vanamente ispirarsi.
insomma, il vespasiano gonzaga a mio parere era rintronato duro.
rintronato fino alla tragedia: quando suo figlio luigi di 14 anni non si era inchinato a dovere di fronte al padre, vespasiano lo prese a calci e pugni spaccandogli ossi fino a farlo morire pochi giorni dopo. (“nel gennajo del 1580, fu da immatura morte rapito il principe luigi appena giunto all’età di quindici anni, con gran rammarico di vefpafiano privo del caro erede”. sé; gran rammarico. si vergognasse, l’uccisore del figlio).
veniamo a oggi, alla sabbioneta di oggi.
mi dice un’impiegata del comune:
– noi del municipio non possiamo portare i visitatori nel tempio dell’incoronata.
– perché?
– perché il parroco è in lite con il sindaco. e quindi, noi del comune dobbiamo stare fuori dall’incoronata.
in lite perenne.
pare che fosse un battibecco continuo fra don samuele riva e il sindaco cesare boni.
ma il battibecco forse non si è placato nemmeno con il sindaco attuale, aldo vincenzi.
sembra una storia alla peppone-e-don-camillo.
non bisogna poi fare molta strada: l’argine del po sfiora sabbioneta, e se si scende per qualche chilometro lungo l’argine si arriva di fronte a brescello, quello dei film in bianco-e-nero della lite inestinguibile fra il sindaco e il reverendo.
ma lì, a brescello, don camillo era un parroco con il berretto quadrato e con la tonaca lunga come non si usa più.
se gli impiegati del comune non possono mostrare ai turisti il tempio io, che non sono un dipendente comunale, posso.
pago il biglietto d’ingresso con cui si finanzia la parrocchia e visito l’incoronata, che è un tempio ottagonale con cupolona.
da un lato c’è il monumento funebre di vespasiano gonzaga.
posato su un altare laterale c’è il ritrattino dell’imperatore carlo d’austria, quello che morì quasi un secolo fa dopo aver perso la prima guerra mondiale e l’impero d’austria.
dietro all’oleografia c’è un reliquiario.
incuriosito, esco dal tempio e chiedo alla perpetua-guardiana:
– perché c’è il ritatto dell’asburgo?
– perché è santo.
– sì, vabene; l’imperatore d’austria. e perché c’è il ritratto dell’imperatore d’austria?
– perché don samuele ne è un devoto. ha ottenuto anche una reliquia di san carlo d’asburgo.
– quella esposta dietro il ritratto?
– sì, quella.
visitato il tempio, vado verso piazza ducale e dalla chiesa parrocchiale sulla piazza esce un sacerdote con il berretto quadrato e con la tonaca lunga come non si usa più.
ma… è don camillo uscito da un film?
no; non è don camillo: è proprio don samuele riva.
forse c’è qualcosa nell’aria di sabbioneta.
o qualcosa nel cibo.
ma penso che forse sia nell’anima di questa città, nata da un’idea balzana di un duca balzano che ha regalato al mondo un gioiello senza pari.
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