ambiente. sorpresa: il primo nemico della biodiversità è l’agricoltura. l’energia ultima.

le minacce più gravi alla biodiversità del pianeta vengono dalle attività agricole e boschive. le quali troppo spesso non sono “verdi”.
lo dice un articolo della rivista scientifica nature.

al contrario sono un rischio del tutto minore per la biodiversità altre attività umane su cui invece si concentrano le paure degli ambientalisti dell’ultim’ora: poco impattanti per la biodiversità sono per esempio le fonti rinnovabili d’energia e perfino – udite udite – le trivelle che cercano ed estraggono il petrolio o il gas.

lo studio della rivista scientifica nature (clicca qui per leggerlo) si intitola “biodiversity: the ravages of guns, nets and bulldozers”, è stato condotto dagli scienziati sean l. maxwell, richard a. fuller, thomas m. brooks e james e. m. watson e dice che le minacce più gravi all’ecosistema sono

1) le colture (4.692 specie viventi a rischio)

2) l’eccessivo taglio di legname (4.049 specie a rischio)

3) la costruzione di nuovi edifici (2.616 specie)

4) l’allevamento di bestiame (2.267 specie viventi a rischio).

a titolo di confronto, l’attività mineraria (le mostruose miniere di rame, carbone, oro, diamanti eccetera) è un rischio per 833 specie.
l’industria del petrolio e del metano contro le quali sedicenti ambientalisti si sono impegnati nel referendum di aprile mettono a rischio 56 specie, sempre troppe ma tante quante sono minacciate dalle fonti rinnovabili d’energia, imputate anch’esse di seminare disastri ambientali.

dopo disboscamenti, caccia e colture agricole, dopo la costruzione di edifici e l’urbanizzazione civile e industriale, dopo l’allevamento del bestiame seguono nella scala del rischio:
– diffusione di specie pericolose invasive,
– inquinamento e rifiuti,
– modificazioni degli habitat come quelle indotte dai vasti incendi o dalla costruzione di dighe,
– il cambiamento del clima,
– le attività umane in genere (guerre, lavoro, passatempi),
– i trasporti e le rotte navali
– e infine l’energia.

giustamente osservava sul social network twitter un ambientalista di lunga esperienza, francesco ferrante (già al vertice della legambiente e già parlamentare del pd):

ricordo ancora gli articoli sulle prime pagine di alcuni quotidiani con cui carlìn petrini, esegeta dello slow food, descriveva le minacce che a suo parere erano rappresentate dai pannelli fotovoltaici (clicca qui per leggere).

ebbene, dal punto di vista della complessità ecosistemica sotto i pannelli fotovoltaici crescono fiori ed erbe di tutte le sorte in cui la vita vegetale e animale si declina in mille varietà.
invece in un “ecologico” campo di granturco ibridizzato chimicizzato pesticidizzato (quando non ogm) vive solamente una specie sola: il granturco ibridizzato chimicizzato pesticidizzato.
per fare un altro paragone al limite del paradosso, dal punto di vista della complessità dell’ecosistema la monocoltura pugliese dell’olivo è un habitat molto artificiale in cui la biodiversità è modesta.

insomma, l’agricoltura rispetta l’ambiente quando è condotta con criteri adeguati, ma di per sé l’agricoltura non è sinonimo di ambiente, anzi spesso ne è nemica.

insomma, l’ecologia è una scienza e l’indignazione da divano non rende scienziati.

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