metafoto, una foto scatta una foto di una foto.
il selfie, il gruppetto di amiche, i famigliari attorno al tavolo, il moroso, i bambini. espressioni inerti, sorrisi artefatti, nasi resi violacei dai flash, luci sgranate, pose vuote.
ogni giorno vengono impresse milioni di fotografie uguali di milioni di persone uguali dentro a milioni di telefonini uguali.
e queste immagini vengono in milioni di pagine di whatsapp, instagram e facebook.
milioni di strade, panchine, tinelli, divani, monumenti storici, giardinetti.
dentro questa moltiplicazione mondiale della bruttezza inutile c’è il piccolo e giusto desiderio di ricordare l’istante ma soprattutto il bisogno di fermare con una traccia impalpabile il tempo che passa e che dissolve tutto.
il bisogno di fermare il ricordo.
l’identità di ogni persona è solamente ciò che ricorda.
allora fotografo non ciò che vedo io, la mia ovvietà, bensì fotografo ciò che vedono gli altri attraverso il loro obiettivo e attraverso i loro occhi. i loro ricordi.
quando qualcuno sta per scattare, in questo caso una foto alla morosa, in quel momento inquadro lo schermo del suo apparecchio e fermo l’immagine di ciò che sta fotografando.