metafoto, cioè la foto di una foto, cioè la fotografia che fotografa sé stessa.
mi vedo.
mi vedo, io turista.
mi vedo mentre scatto foto ovvie, tutte uguali; i miei selfie ripetitivi, l’espressione costruita attorno a un sorriso vuoto, il sole alle spalle adombra il viso, la luce sbagliata appiattisce i lineamenti; nell’inquadratura traspaiono nello sfondo monumenti e panorami impermeabili a me.
monumenti già fotografati da altre decine di migliaia di persone prima di me e da chissà da quante altre persone dopo me.
sono monumenti le cui immagini posso vedere sulle guide o sul web fotografate da professionisti con le luci giuste e senza la folla davanti all’obiettivo.
ma no, io insisto con il clic compulsivo per rendere brutto ciò che è bello e per rendere ovvio ciò che è particolare.
per questo motivo ora cambio soggetto e oggetto del mio scatto fotografico.
ora non fotografo ciò che vedo; invece fotografo ciò che vedono gli altri, fotografo noi turisti mentre fotografiamo.
cerco di capire che cosa fotografiamo, cerco di guardare attraverso gli occhi e l’obiettivo degli altri turisti come me; cerco di leggere nei nostri selfie il desiderio di ricordare ma soprattutto il bisogno di fermare con una traccia impalpabile il tempo che passa e che dissolve tutto.
nelle immagini che rubo a noi turisti in posa c’è la paura del vuoto e il bisogno di urlare esisto.